Le misure di revisione della spesa, peraltro, non sono “supportate da
indicazioni qualitative e quantitative”, hanno scritto i tecnici di Palazzo Madama. In particolare, secondo
Il Sole 24 Ore, il governo non intende inserire nella manovra
il previsto taglio delle deduzioni e detrazioni fiscali (in gergo tax expenditures). Di conseguenza l’asticella dei risparmi ottenuti con la spending è destinata a fermarsi a 6-7 miliardi. Sufficienti dunque per far fronte alle entrate perse rinunciando alla tassazione sulla prima casa, sui
macchinari imbullonati e sui
terreni agricoli. Ma Renzi, stando a quanto dichiarato negli ultimi giorni, intende anche anticipare al 2016 la riduzione dell’
Ires, rinnovare (anche se dimezzandone il valore massimo) gli
sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato, prorogare l’
ecobonus per le ristrutturazioni che migliorano la prestazione energetica degli edifici e introdurre una misura di contrasto alla
povertà infantile.
Coperta corta, quindi. Perché oltre a queste misure, come è noto, il governo deve sterilizzare
clausole di salvaguardia per 16,1 miliardi. Gran parte delle coperture verrà di fatto da un
aumento del deficit, giustificato invocando non solo la flessibilità che la Ue concede ai Paesi che fanno riforme strutturali ma anche quella “per gli investimenti” e uno 0,2% aggiuntivo (pari a 3,2 miliardi circa) per l’
emergenza migranti. Tutte
richieste che dovranno ottenere il via libera di Bruxelles. Quanto alla “clausola migranti”, la Commissione ha fatto sapere venerdì che i singoli Stati dovranno chiedere di far valere le spese come circostanza eccezionale ai fini del rispetto degli obiettivi di deficit e debito e l’esecutivo Ue esaminerà la questione “caso per caso”. La strada, insomma, è più stretta del previsto.