“Questa volta sto cercando di convincere Massimo Carminati a parlare e a rispondere alle domande del giudice. A differenza delle altre volte, quando ci siamo sempre avvalsi della facoltà di non rispondere, quindi, Carminati parlerà nel processo in cui vorrebbe essere presente. Ci stiamo organizzando affinché nel processo non manchino colpi di scena”. Lo rivela ai microfoni di Ecg Regione Lazio (Radio Cusano Campus) Giosué Bruno Naso, avvocato difensore di Massimo Carminati, considerato dalla procura il capo, assieme al presidente della cooperativa ’29 giugno’ Salvatore Buzzi, di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, meglio nota come ‘Mafia Capitale’. In vista del processo che avrà inizio con rito immediato, nell’aula bunker di Rebibbia, il 5 novembre prossimo a carico di 59 imputati, il penalista si sofferma sullo stato di salute del suo assistito e sul regime di carcere duro a cui è sottoposto: “Carminati ha una tempra morale notevole ed è una persona di superiore intelligenza. Riesce a trovare un equilibrio per affrontare anche il carcere duro. Ma la gente non sa che il 41bis è una forma di persecuzione e tortura psicologica. In più, per questo tipo di detenuti è prevista la videoconferenza e questa situazione ci crea delle grosse difficoltà, rendendo un po’ meno diritto il nostro diritto di difesa. Lui vorrebbe esserci al processo, noi vorremmo che ci fosse. Invece ci dovremo accontentare di un contatto telefonico, peraltro non riservato”. Il legale di Carminati poi spiega che la decisione del ministro Alfano in merito al non scioglimento di Roma per infiltrazioni mafiose costituisce, da un certo punto di vista, un assist prezioso a chi nel processo legato a Mafia Capitale è indagato per 416bis: “Se infiltrazioni mafiose ci fossero state, il Comune sarebbe stato sciolto. E questo conferma che tale processo è una colossale montatura, in riferimento alla sussistenza di associazioni di stampo mafioso, non al malaffare e alla corruzione che caratterizzava la vita di Roma, non da uno o due anni, ma da qualche decennio”. E rincara: “Non parliamo poi della favoletta secondo cui Carminati era strumento dei servizi segreti. Ma ci si rende conto dell’enormità di un’affermazione del genere? Se noi fossimo strumenti dei servizi segreti non ci troveremmo al 41bis. I servizi lo avrebbero scaricato? Rischiando che poi Carminati parlasse e rivelasse cose? E’ tutto assurdo e risibile. Potrebbe essere solo il frutto di un articolo dell’Espresso, di quello che io chiamo Delirio Abbate”. Il riferimento offensivo è rivolto a Lirio Abbate, l’inviato del settimanale che per primo ha svelato con le sue inchieste giornalistiche la rete affaristico-criminale che ha anticipato quella che poi è stata ‘Mafia Capitale’ e che da anni vive sotto scorta

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