Roma, funerali di Vittorio Casamonica

Questo funerale non si doveva fare. L’estate 2015 passerà alla storia per le cronache sull’estremo saluto “hollywoodiano” al boss Vittorio Casamonica. Responsabilità a parte, nei giorni successivi all’evento l’opinione pubblica ha ascoltato posizioni diametralmente opposte da parte delle autorità religiose sulla possibilità o meno delle gerarchie ecclesiastiche di concedere o negare il funerale a un boss mafioso. Alcuni presuli in precedenza nelle loro diocesi avevano negato del tutto le esequie religiose, altri, anche su indicazione delle autorità civili, avevano autorizzato la celebrazione in forma privata, nella casa del defunto o al cimitero, e preferibilmente all’alba.

Con Vittorio Casamonica il parroco di San Giovanni Bosco a Roma, don Giancarlo Manieri, che ha celebrato i funerali, forte dell’attestazione apposta dai nipoti del boss sul foglietto per la richiesta della celebrazione che lo zio era un “cattolico praticante”, non ha avuto il minimo dubbio sul da farsi. Don Manieri non ha consultato nemmeno il vescovo ausiliare a cui è affidata la cura pastorale del settore in cui si trova la sua parrocchia, monsignor Giuseppe Marciante. In realtà una risposta univoca e chiara della Chiesa cattolica sul modo di procedere in questi casi esiste e da tempo, ovvero da più di 30 anni, da quando cioè san Giovanni Paolo II approvò il nuovo Codice di diritto canonico. Una posizione in perfetta sintonia con le scomuniche ai mafiosi di Papa Francesco passata però quasi del tutto sotto silenzio, forse perché troppo radicale e quindi scomoda.

Non pochi vescovi e sacerdoti intervistati sulla vicenda di Casamonica hanno dichiarato che non si possono mai negare i funerali. Falso. Esistono ben tre canoni che spiegano “a chi si devono concedere o negare le esequie ecclesiastiche”. È il numero 1184 a chiarire la vicenda in modo inequivocabile. Esso recita: “Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: 1) quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici; 2) coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana; 3) gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli”.

La vicenda di Casamonica, da ciò che emerso, rientra pienamente nel punto tre. Don Giancarlo Manieri, alla richiesta delle esequie religiose per il boss Vittorio, avrebbe semplicemente, Codice alla mano, dovuto rifiutare la celebrazione. E se avesse avuto qualche dubbio? Anche qui la legge della Chiesa è chiarissima e non lascia spazio alle interpretazioni arbitrarie. “Presentandosi qualche dubbio, – si legge sempre nel Codice di diritto canonico – si consulti l’ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare”. Nell’incertezza, quindi, il parroco di San Giovanni Bosco avrebbe dovuto consultare il proprio vescovo che a Roma è il Papa, nel caso specifico monsignor Marciante oppure il cardinale vicario Agostino Vallini. Ma la storia non finisce qui. Dopo il funerale show i familiari di Vittorio Casamonica hanno chiesto e ottenuto una nuova celebrazione di suffragio a una settimana dal funerale. Ma come? Se andava negato il rito religioso al momento della morte è possibile avere lo stesso le messe di suffragio? Assolutamente no. Il canone 1185 è chiarissimo: “A chi è escluso dalle esequie ecclesiastiche, deve essere negata anche ogni messa esequiale”. I parroci hanno sbagliato la prima volta e continuano a sbagliare.

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