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Trent’anni di tormentoni estivi. La finalissima: Righeira, Las Ketchup o Shakira? Vota il tuo preferito

Appuntamento finale con il sondaggio per scegliere la canzone estiva più amata (o meglio più invasiva) degli ultimi tre decenni. A contendersi il titolo L'estate sta finendo, Asereje e Waka Waka

di Domenico Naso

Dopo le tre eliminatorie, siamo arrivati alla finale a tre per decretare il vostro tormentone estivo preferito degli ultimi trent’anni. Una finale un po’ a sorpresa, visto che a contendere la vittoria a L’estate sta finendo dei Righeira (1985) ci sono Asereje delle spagnole Las Ketchup (2002) e Waka Waka, l’inno dei mondiali di calcio del 2010 cantato da Shakira. Ma la partecipazione massiccia al voto (più di 8 mila preferenze per i tre decenni) non ammette repliche: il voto, almeno in questo caso, è sovrano. Il dato interessante è che gli anni Novanta sono stati letteralmente spazzati via, segno che forse sono stati anni deludenti anche dal punto di vista dei tormentoni estivi. Ma prima di scegliere la canzone regina delle nostre estati, forse è bene fare un passo indietro e raccontare il contesto, sociale e musicale, in cui si sono imposte le tre finaliste. Buon voto!

1985
L’estate sta finendo – Righeira

E’ l’Italia degli anni Ottanta, del governo Craxi, delle vacche grasse, dei nani e delle ballerine. E’ l’Italia del disimpegno, dopo il troppo impegno del decennio precedente. Ma il 1985 è anche l’anno della tragedia dell’Heysel, delle uccisioni di Tarantelli (da parte delle Br) e di Siani (da parte della camorra). A Sanremo vincono i Ricchi e Poveri, ma l’estate musicale è di tutt’altro genere: L’estate sta finendo diventa l’inno di un Paese che vorrebbe che il disimpegno non finisse mai (“Sto diventando grande, lo sai che non mi va”). In realtà, la lunga estate italiana degli anni Ottanta sarebbe durata ancora qualche anno. Peccato, però, che non fossimo per nulla preparati all’inverno che ne seguì…

2002
Asereje – Las Ketchup

Anche se oggi magari lo neghiamo, nell’estate del 2002 eravamo tutti alle prese con movimenti inconsulti delle ginocchia, con le mani che si agitavano sulla testa, sulle note di una canzonaccia (ammettiamolo) che arrivava direttamente dalla Spagna. Una canzone martellante, con un ritornello che effettivamente ti entrava nel cervello e non se ne andava più. Un successo planetario, visto che il brano ha raggiunto la prima posizione in classifica in Italia, Irlanda, Austria, Francia, Olanda, Belgio, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Australia, Regno Unito, Nuova Zelanda, Ungheria e Canada. Gli Stati Uniti, da sempre restii a farsi invadere musicalmente da roba che non provenga, al massimo, dall’Inghilterra, hanno resistito strenuamente al tormentone, relegandolo al 54esimo posto in classifica. Quell’anno c’era Berlusconi al governo, ai Mondiali di calcio l’Italia veniva eliminata clamorosamente dalla Corea del Sud e dall’arbitro Moreno, i Savoia potevano tornare nel nostro paese, il Senato approvava la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. In un anno così nefasto, Asereje è il giusto coronamento.

2010
Waka Waka – Shakira

Altro mondiale di calcio, altra figuraccia dell’Italia. Quattro anni dopo il trionfo tedesco, la Nazionale di Lippi, nel frattempo tornato sulla panchina azzurra, viene addirittura eliminata al primo turno, perdendo lo scontro decisivo con la Slovacchia di Marek Hamsik, dopo aver pareggiato con Paraguay e Nuova Zelanda. Ultimi in classifica e a casa. Al governo c’è di nuovo Berlusconi, mentre in Cile 33 minatori restano bloccati sottoterra per oltre due mesi, prima di essere tirati fuori tra il tripudio globale nell’ottobre dello stesso anno.
Il successo planetario di Waka Waka non è solo merito dei Mondiali di calcio in Sudafrica (di cui il brano era inno ufficiale). Era dai tempi di Ricky Martin e di Francia ’98 che una canzone ufficiale non aveva così tanto successo. Il merito principale è proprio di Shakira, già allora popstar di dimensioni planetarie, e di una canzoncina senza troppe pretese che però riesce a conquistare l’attenzione di chi, d’estate, sceglie il disimpegno totale, l’evasione senza se e senza ma.

 

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