Gli hanno perquisito l’ufficio l’11 marzo. E da via Marsala 2, proprio sopra la stazione Termini di Roma, i carabinieri sono usciti con pacchi di «documentazione cartacea, informatica, anche di natura contabile e bancaria, rubriche, agende, annotazioni, appunti, corrispondenza». L’ordine veniva da Firenze, cioè dalla procura che indaga sul cosiddetto “sistema Incalza” che è già costato la poltrona al ministro Maurizio Lupi. E del “sistema Incalza” faceva parte anche lui: Fabrizio Averardi Ripari, 56 anni, direttore tecnico di Anas International Enterprise (Aie). Indagato con Ercole Incalza per gli articoli 110, 56 e 319 quater del codice penale, ossia concorso in reato, delitto tentato e induzione a dare o promettere utilità, Averardi per l’Anas è evidentemente diventato un personaggio scomodo. Tanto che il nuovo consiglio di amministrazione presieduto da Gianni Vittorio Armani ha silenziosamente deciso, qualche giorni fa, di ridiscutere la sua presenza. Addio?

A via Marsala, Averardi era arrivato il 1° gennaio 2013, pochi mesi dopo la costituzione di Anas International Enterprise: una società voluta dall’allora presidente Anas Pietro Ciucci con l’obiettivo, come aveva spiegato lo stesso Ciucci alle Camere, «di riorganizzare e rafforzare le iniziative in campo internazionale» dell’Anas. Dalla Libia alla Colombia, dal Qatar al Paraguay, inutilmente, finora, vari parlamentari (come il Pd Marco Filippi ), il forzista Antonio Razzi, i Cinque Stelle Vittorio Ferraresi e Donatella Agostinelli) hanno provato a capire cosa fa esattamente questa Aie, chi ci lavora e quanto viene pagato. Di sicuro, Averardi veniva pagato tanto (200 mila euro lordi, contratto a tempo indeterminato) e guadagnava tanto anche attraverso la società di progettazione di cui era ed è socio, Integra, che guarda caso ha l’Anas e le sue partecipate nel portafoglio clienti. E tanti saluti al conflitto d’interessi.

Anche Incalza e il suo gruppo, a ogni modo, se lo tenevano molto caro. A fine 2013, infatti, Averardi era diventato presidente di PMC Mediterraneum, un consorzio di cui Anas International detiene il 58,5 per cento (la casa madre Anas ha l’1,5 e il resto è diviso tra due imprese che fanno capo ai Trocca, famiglia di costruttori romani di cui uno, Bruno, è indagato nell’inchiesta su Infrastrutture lombarde)  e che ha in tasca un affaruccio da 125,5 milioni di euro: l’espletamento dei “Servizi di Project Management Consulting” per la realizzazione in Libia della Ras Ejdyer-Emssad. E’ l’autostrada costiera prevista nell’accordo di partenariato firmato da Berlusconi e da Gheddafi, oltre 1700 km che avrebbero dovuto essere interamente costruiti (e pagati) dagli italiani.

In Libia oggi la situazione è quella che è, i lavori non sono mai partiti, ma il contratto tra libici e PMC Mediterraneum è sempre valido. Tanto che nel novembre 2014 Averardi ha chiesto al committente libico di procedere all’affidamento della direzione dei lavori per l’intera futuribile opera. E lo ha pure ottenuto. Il futuro direttore forse vi dice qualcosa: è Stefano Perotti, il famoso datore di lavoro del figlio di Lupi, un nome che ci porta, di nuovo, dritti all’inchiesta di Firenze sulla corruzione dentro e intorno il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit). Cioè al famoso sistema dominato da Ercole Incalza, dal 2001 al 31 dicembre 2014 direttore dell’unità tecnica di missione al Mit, l’uomo che ha fatto da padre e da padrone per tutte le grandi opere infrastrutture italiane.

Il Mit è il ministero che vigila sull’Anas. E proprio Incalza, secondo i magistrati fiorentini, ha ottenuto nel 2010 l’aggiudicazione all’Anas della commessa per l’autostrada libica. Sempre lui, nel 2014, in cambio «di un favorevole iter delle procedure amministrative», avrebbe fatto pressione su Averardi per imporre ai libici la nomina di Perotti. Detto. Fatto. E poi? Soddisfatto evidentemente della buona riuscita dell’operazione, ha chiesto all’Aie il pagamento degli obiettivi (Mbo) per l’anno 2014, e ha continuato a rivendicarli anche dopo l’arrivo dei carabinieri nei suoi uffici di via Marsala. L’amministratore delegato di Anas International, Alfredo Bajo (che è pure condirettore generale tecnico di Anas), non gli ha detto di no. Ma al presidente dell’Anas, Armani, non è piaciuto niente: né la Libia, né Integra, né gli Mbo. Addio?

 

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

Dal presidente della Integra S.r.l. Marco Petrangeli riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Gentile Direttore,

Con riferimento all’articolo: “Anas: il presidente Vittorio Armani all’attacco del sistema Incalza” firmato dalla giornalista Anna Morgantini nell’edizione online del 24 luglio de “Il Fatto Quotidiano”, la società “Integra”, richiamata nell’articolo, specifica quanto segue:

1) Fin dalla costituzione della società, l’ing. Fabrizio Averardi ha sempre avuto un ruolo di socio “non attivo” ovvero socio con una piccola partecipazione in conto capitale. In questo ruolo ha percepito esclusivamente utili societari i quali, complessivamente, per i 15 anni di vita della Integra, assommano, per la parte spettante all’Ing. Averardi, a meno di 10.000 euro lordi (meno di 500 euro lordi all’anno).

2) Integra non ha mai ottenuto né cercato di ottenere, in via diretta o indiretta, incarichi da ANAS International. L’ultimo incarico ottenuto da ANAS, in seguito a gara di evidenza pubblica, risale al 2010; dopo questo incarico, Integra non ha mai più lavorato con ANAS o sue “controllate” (l’ingresso dell’ing. Averardi in ANAS International risulta avvenuto nel 2013).

3) Le diverse posizioni dirigenziali ricoperte da Fabrizio Averardi nella sua carriera professionale non hanno mai dato luogo a conflitti di interesse con la Integra, anche per la mancanza di rapporti commerciali tra le società per cui lavorava Fabrizio (compresa ANAS International) e la Integra.

4) Negli ultimi anni la Integra, in linea con il mercato delle costruzioni e delle società di ingegneria in Italia, ha subito un forte calo del fatturato, particolarmente accentuato a partire dal 2012. Tutti i dati di bilancio e di gestione della società negli ultimi anni sono a disposizione della giornalista de “Il Fatto Quotidiano” in modo da poter verificare che Integra è una società altamente specializzata con settori di intervento molto prestigiosi, ma scarsamente remunerativi, visto anche l’organico sociale di 15 unità.

5) E’ evidente che la recente nomina dell’Ing. Averardi a Direttore Generale di ANAS International, ha posto il problema del possibile conflitto di interesse e pertanto si era deciso che Fabrizio vendesse le sue quote. Alcuni recenti fatti consigliano di accelerare tale passaggio di quote senza che però questo passo possa dare luogo a strumentalizzazioni.

Alla luce di quanto sopra, si chiede alla Redazione del Fatto Quotidiano, ai sensi dell’art. 8 della Legge n. 47 del 1948 e dell’art. 2 della Legge n. 69 del 1963, di pubblicare il suddetto chiarimento e di apportare le opportune rettifiche all’articolo del 24 luglio della giornalista Anna Morgantini, smentendo l’affermazione riportata nell’articolo che l’ing. Averardi “guadagnava tanto anche attraverso la società di progettazione di cui era ed è socio, Integra” ed eliminando qualsiasi allusione relativa ad ipotetici incarichi della Integra ottenuti da “ANAS e le sue partecipate” attraverso l’ing. Averardi. In mancanza di una pronta ed efficace rettifica da parte della redazione del Fatto Quotidiano, la società Integra valuterà l’opportunità di avviare un’azione legale per il risarcimento dei danni conseguenti ad accuse diffamatorie e lesive della dignità.

Cordiali saluti

Il Presidente della Integra S.r.l. Marco Petrangeli

B.COME BASTA!

di Marco Travaglio 14€ Acquista
Articolo Precedente

Verdini, i senatori del nuovo gruppo? Craxiani, lombardiani e cosentiniani

next
Articolo Successivo

Sicilia, il ‘nuovo’ Pd è già vecchio e rottamato

next