Più due. Meno uno. Tenere la contabilità degli arrivi e delle partenze all’Italia dei Valori in Parlamento sta diventando sempre più complicato. Se alla Camera siamo sempre a quota uno (Nello Formisano, già dipietrista, poi ri-eletto con Centro democratico, oggi tornato all’ovile Idv) ma con la viva speranza di raccogliere almeno 4-5 fuoriusciti dei Cinque Stelle, al Senato sono appena arrivate due nuove reclute: Maurizio Romani, medico di Castel San Nicolò (Arezzo), e Alessandra Bencini, infermiera di Scandicci (Firenze). Eletti con il Movimento 5 Stelle, poi dissidenti, poi lasciarono il gruppo in solidarietà con i colleghi espulsi (Orellana e altri). E infine, per questo, espulsi a loro volta e approdati al gruppo Misto, dove hanno creato il Movimento X. I due senatori si iscrivono ora al partito fondato (e lasciato) da Antonio Di Pietro con la speranza, comprensibile, di uscire dall’irrilevanza politica cui li aveva condannati il dopo-Grillo. “Torno a casa, alle origini – dice la Bencini – Il Movimento 5 stelle, dal quale provengo e dal quale sono stata spinta fuori, si basava sugli obiettivi dell’Italia dei valori”. “Siamo passati da un’opposizione che non dialoga – aggiunge Romani – a una opposizione che dialoga e cerca di far passare le sue proposte. Se ci sediamo al tavolo del governo al posto di Fi e Ncd, o con una forza superiore, sicuramente quelle riforme saranno migliori”.

E l’ambizione dei due senatori si è perfettamente sposata con quella dell’Idv, un partito che alle ultime elezioni non ha beccato un eletto che fosse uno, ma che ora pesca a piene mani nella grande trasmigrazione politica che in questa XVII legislatura – fonte Openpolis, data 5 giugno – ha già stabilito il record dell’intera storia della Repubblica: ben 268 cambi di casacca ad opera di 210 parlamentari. Record nel record a Palazzo Madama, dove “107 senatori hanno partecipato a 135 cambi di gruppo”. E bisogna ancora aggiornare il conto.

Ma il conto si fa sempre più difficile. In teoria, con l’arrivo di Romani e Bencini, al Senato l’Italia dei Valori ha raggiunto la “stratosferica” quota di tre aderenti: gliene mancherebbero solo sette per riuscire a fare un gruppo autonomo, come tanto piacerebbe al presidente Ignazio Messina. Però qualcuno ha fatto male i calcoli. Il terzo senatore, o meglio il primo, è infatti l’ex leghista Michelino Davico di Cherasco (Cuneo), “l’eroe” che ad aprile ha costituito ufficialmente la componente Idv in Senato e fino a ieri ne è stato l’unico e venerato membro. Veneratissimo, addirittura: la sua adesione ha permesso infatti all’Italia dei Valori di partecipare alle Regionali senza fare la raccolta firme (i partiti presenti in entrambi i rami del Parlamento ne sono infatti esentati), ma anche di presentare domanda per partecipare al finanziamento pubblico del 2 per mille.

Davico, attenzione attenzione, sta nel Gruppo Autonomie e Libertà (Gal), cioè nel centro-destra; vota “per il bene del Paese” e dà volentieri la fiducia al governo Renzi. I nuovi arrivati, Romani e Bencini, stanno invece di là, nel Misto, un gruppo che è praticamente in mano a Sel. E la fiducia boh, chissà, discuteremo, valuteremo: “Mica passiamo dall’opposizione alla maggioranza”, ha assicurato Romani nella trionfale conferenza stampa svoltasi a Montecitorio. La collega Bencini annuiva vigorosamente. Il collega Davico non c’era.

Chiaro che qualcosa, tra i tre, non ha funzionato al meglio. Davico giura che si trova “benissimo” nel Gal e si rifiuta categoricamente di traslocare altrove. Di Romani e Bencini, però, il Gal non ne vuol sapere (pare che i loro più feroci oppositori siano proprio gli ex colleghi Cinque Stelle, Bartolomeo Pepe e Paola De Pin, che nel frattempo sono diventati pure Verdi). Quindi, ai due toccherà restare nel Misto. Ma s’è mai visto? Un terzo del partito nel centrodestra, due terzi nel centrosinistra. Quanto all’intero gruppetto, cioè i tre senatori Idv riuniti, diciamola tutta: già nemmeno si parlano.

A via Santa Maria in via, dove Messina aveva già pronto lo spumante per festeggiare i nuovi arrivi, hanno deciso prudentemente di ritirare i bicchieri. Come si fa a gestire un tale pasticcio? Quale delle due componenti Idv, quella del centro-destra o quella del centro-sinistra, rappresenterà ufficialmente il partito in Senato? E chi sarà più titolato a dare la linea e a condurre le trattative?

Teoricamente, la primogenitura spetterebbe al primo arrivato. Ma Davico è piemontese, il che attualmente in politica non è molto fashion. Gli altri due invece sono toscani. Proprio come Matteo Renzi, come Luca Lotti, come la ministra Maria Elena Boschi e come tutto il giglio magico che conta a Palazzo Chigi. Il responsabile regionale Idv per la Toscana, Giovanni Fittante, era addirittura consigliere comunale a Firenze ai tempi di Matteo sindaco; con l’attuale presidente del Consiglio si danno del tu (idem con Denis Verdini, come lo stesso Fittante ha raccontato ai colleghi di partito: “Stavamo insieme sui banchi di scuola”). Quindi l’intesa Renzi-Lotti-Fittante-Romani-Bencini, lungo un asse squisitamente toscano, ha un particolare peso per un partitino che ambisce spasmodicamente al dialogo col Pd. E soprattutto per Ignazio Messina, che aspira a un posto di sottosegretario in caso di rimpastino o rimpastone al governo.

Come poteva finire, questa storia? Più due, meno uno. Davico nella notte ha deciso infatti per un “ciao, ciao” al partito. Ci è rimasto neanche quattro mesi, giusto il tempo di presentare qualche interrogazione e due proposte di legge volute dall’ Idv (una sulla revoca dei vitalizi, l’altra sull’agenzia per i beni confiscati alla mafia), fare la campagna elettorale per le Regionali e infine approvare il bilancio 2014. Lì almeno è tutto a posto, senatore Davico? Sorrisetto: “Diciamo che da stanotte dormirò più tranquillo”.

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