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Musica in Italia, “crescono vendite cd e cala download. Ma per fare di meglio serve la banda larga”

Positivi i dati che emergono dall’ultimo rapporto Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry). Enzo Mazza, presidente della Federazione industria musica italiana: "Il nostro mercato ha grandi opportunità". E visto l'aumento dello streaming l'industria chiede il pieno sviluppo dell'agenda digitale

di Luigi Ferro

“Siamo oltre la bufera, oggi per il mercato discografico ci sono ottime prospettive”. Dopo avere vissuto gli anni bui dell’avvento di Napster e del digitale che ha sconvolto il mondo della musica, il presidente della Fimi (Federazione industria musica italiana) Enzo Mazza commenta con tono più sollevato l’ultimo rapporto Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry), che per la prima volta sancisce la parità fra il segmento digitale e i ricavi che arrivano dal vecchio cd. I due settori rappresentano il 46 % del fatturato delle etichette musicali.

In Italia, dove negli ultimi due anni il mercato musicale è tornato a crescere, non siamo ancora al pareggio ma anche da noi “lo streaming è in forte crescita anche se il supporto fisico proseguirà ancora per molto”, osserva Mazza. Nel primo trimestre di quest’anno il cd è cresciuto ancora grazie a un consumatore – un po’ più adulto rispetto a quello di altri Paesi – che compra soprattutto artisti italiani e ha un basso livello di digitalizzazione.

I dati di un’indagine di Deloitte affermano che il 2014 si è chiuso con un incremento del 4% e un fatturato di 122 milioni di euro. Complessivamente il segmento digitale rappresenta il 38% del mercato contro il 32% del 2013. La crescita è stata trainata soprattutto dai servizi streaming come TIMmusic, Google Play, Spotify, Deezer, YouTube e Vevo che complessivamente sono saliti di oltre l’ottanta per cento. Tra questi servizi, quelli sostenuti da pubblicità sono cresciuti dell’84% mentre quelli in abbonamento del 82%. Oggi lo streaming rappresenta il 57% del digitale contro il 43% del download, sceso nel 2014 del 15%.

Secondo Mazza, però, si può fare meglio. “Il mercato italiano ha grandi opportunità, ma è necessario di crescere nella diffusione della banda larga fissa”. Quello in streaming è un consumo di musica molto giovanile particolarmente adatto per il mobile. Ma in Italia i giovani utilizzano nella grande maggioranza dei casi una scheda prepagata con limiti per il consumo di banda. Per questo finisce che la musica in streaming l’ascoltano da mobile solo quando si trovano in ambienti dotati di Wi-fi. “Il mobile da solo non è in grado di sviluppare un volume di abbonamenti paragonabile a quello dei paesi con una penetrazione delle reti molto più elevata rispetto a quella italiana”.

Per questo più che sulla diffusione del 4G – e in generale delle reti mobile – l’industria musicale chiede un pieno sviluppo dell’Agenda digitale perché “quella che inizialmente era vista solo come una minaccia oggi appare una opportunità”. La forte digitalizzazione, infatti, darebbe una ulteriore spinta a un mercato che nel frattempo ha visto anche gli artisti mutare atteggiamento nei confronti della musica liquida.

Accanto a questo, l’effetto combinato del varo di un’offerta di musica legale da parte dell’industria discografica con l’avvio del regolamento Agcom e una più efficace azione repressiva hanno portato, secondo Mazza, a un deciso miglioramento della situazione. Fimi ha rilevato un declino degli accessi alle piattaforme pirata colpite da alcuni provvedimenti.

Secondo i dati forniti dall’avvocato Saverio Ligi nel corso di un incontro organizzato da Anfov (l’Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione) che si è svolto nei giorni scorsi a Roma su 230 istanze ricevute dall’Authority sono stati avviati 147 procedimenti con 53 ordini di blocco, 19 archiviazioni e 4 procedimenti ancora in corso. In 71 casi c’è stato un adeguamento spontaneo da parte dei soggetti che hanno ricevuto la notifica.

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