“Mi hanno chiesto di tornare in Italia e ho accettato”. Giuseppe Querques, 40 anni a giugno, oculista esperto in malattie della retina, professore all’Università di Parigi Est Creteil (Upec) dal 2009, si sente fortunato. “Tanti colleghi in gamba che sono scappati all’estero per fare carriera mi dicono che vorrebbero rientrare ma non trovano un posto. Io sono un caso raro, lo so. Il nostro Paese investe sulla formazione dei cervelli che poi sono costretti a emigrare, questo è un peccato”. Nel 2013 riceve una telefonata da un primario dell’Ospedale San Raffaele di Milano che aveva conosciuto nei convegni in giro per il mondo. “’Perché stai in Francia?’, mi chiese stupito. ‘Sei forte, vieni da noi’, mi disse. Aveva sentito parlare bene di me da altri, si era informato sui miei lavori, e mi voleva a Milano. Io al San Raffaele già dal 2011 facevo consulenze due volte al mese, ma niente di più”.

Nato a Foggia, dove si è specializzato nel 2005 e ha conseguito un dottorato di ricerca nel 2008. Durante l’università è research fellow al Retina Associates nel New Jersey (uno degli studi più prestigiosi dedicato alla diagnosi e al trattamento di malattie vitreoretinali), alla clinica oculistica dell’università Creteil di Parigi Est (centro di riferimento mondiale per la maculopatia) e in quella dell’Università di Berna, in Svizzera.

Querques è esperto in malattie della retina non trattate chirurgicamente, come la degenerazione maculare legata all’età, le patologie vascolari retiniche, le distrofie ereditarie maculari e retiniche. Il suo merito è quello di aver individuato i segni di alcune forme di maculopatia prima della comparsa dei sintomi veri e propri nei pazienti. Oltre 200 pubblicazioni scientifiche uscite sulle migliori riviste di oftalmologia a livello internazionale (Ophthalmology, The American journal of ophthalmology, The British journal of ophthalmology, Retina). Nel 2009 vince il concorso per professore associato all’università parigina, cinque anni dopo ottiene una cattedra da professore ordinario. “In Italia te la sogni alla mia età, devi essere un primario e avere almeno 50 anni. In Francia è diverso, i professori vanno in pensione a 65 anni e c’è spazio per quelli più giovani”.

Adesso che è di nuovo in patria quella carica non gli vale più. “Ho ripetuto il concorso per professore associato, l’ho passato, sto aspettando il nulla osta dal ministero dell’Istruzione”. Tornare per accontentarsi di meno? “Non direi. La mia idea quando sono partito, e non lo dico tanto per dire, era assimilare il più possibile per poi metterlo in pratica qui. Nel mio piccolo voglio dare un contributo all’Italia. A me cambia poco se non ho più una cattedra. L’importante è fare quello che mi piace. Al San Raffaele posso fare ricerca clinica allo stesso livello di Parigi”.

Sposato con un’italiana, oculista anche lei, che lo ha seguito a Milano, mette le mani avanti: “Se qualcosa andrà male, molleremo ancora l’Italia. Per quanto mi riguarda finora non ho visto clientelismi, solo meritocrazia”. Querques sa che nel suo Paese ha la possibilità “di fare cose grandi, e di non essere obbligato a cambiare nazione per avere successo. Il punto – si toglie il sasso dalla scarpa – è che gli italiani finché non toccano il fondo non tirano fuori tutta la forza che hanno. La nostra marcia in più è il dinamismo, la creatività e la passione che mettiamo in tutto, ma spesso ce lo scordiamo e pensiamo che gli stranieri siano sempre meglio di noi”.

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