Uno dei primi effetti di Squallor, ottavo disco di Fabri Fibra da ieri a sorpresa su iTunes, è che larga parte dei media ha dovuto far finta di imparare il significato della parola dissing. Più o meno significa “attacco”, “sfida”. Nel rap è cosa comune. Nello specifico la vittima del dissing, o beef, è Fedez. Ieri, almeno nei social, non si parlava quasi d’altro: una buona operazione di marketing. Proprio ieri Fedez aveva pubblicato il video del secondo singolo L’amore Eternit. È verosimile che Fabri Fibra abbia lanciato il nuovo lavoro proprio in coincidenza con l’uscita del rivale, un po’ per offuscarlo e un po’ per sfruttarne la scia. A giudicare da Twitter hanno vinto e perso entrambi, perché prima l’hashtag #Squallor e poi#LamoreEternit sono finiti tra i trending topics.

Fabri Fibra non ha rilasciato interviste. La sua manager, Paola Zuckar, ha fatto sapere a questo giornale che “questa volta Fibra ha messo fuori il disco così, proprio per mettere in primo piano la musica. Non vorrebbe aggiungere altro”. Vero nome Fabrizio Tarducci, Fibra è nato a Senigallia nel ’76. Ieri ha stupito molti. Prima uno status nella notte, che comunicava l’uscita del nuovo disco (il sesto per una major). Poi, nel pomeriggio, la vendita su iTunes. Il supporto fisico arriverà solo il 14 aprile. Non è il primo caso, e non sarà l’ultimo, in cui l’artista bypassa le vie canoniche e moribonde della discografia. E questo è un bene, perché le liturgie degli uffici stampa – embarghi, esclusive, anticipazioni – sono una delle cose più superate del mondo insieme alle giacche con le spalline e ai cappelli introduttivi di Caressa.
Il primo singolo per le radio è Come Vasco, il primo video Il rap nel mio paese.

Ed è qui che si trova il dissing contro Fedez: “Non ci si crede chi mi scolta si rivede / odio i rapper banali chi li produce e chi li segue / 10 in comunicazione non uso mai l’inglese/ ora faccio un’eccezione FUCK FEDEZ”. Non è l’unica stoccata a Fedez: “In rete solo piccole realtà/ che in pratica nemmeno esistono nella realtà / a cosa cazzo aspiri?/ a te basta che respiri / A me basta che ti spari! / il motore su di giri un frontale con Max Pezzali / sono andato in tele e tutti dicevano Belle Rime / resta qui a condurre in qualche talent / Si Bella fine!”.

Il resto del campionario è noto. Provocazioni (“Sono nato il 1976 / meglio avere un figlio tossico che un figlio gay / conosco gente che lo pensa e che non pensa agli altri / ma con 20 grammi vai in galera mica a un gay party / scrivo questo pezzo per farvi un po’ incazzare / l’argomento scotta come merce da piazzare”). Disimpegno (“Questi giornalisti presi male / se non parli di politica / non ho mai saputo per chi votare / perdonatemi ma che fatica / quell’epoca è finita andata”). Abiura della televisione (“Vende il disco chi è in tele / sotto stress l’ho capito a mie spese / nessuno esiste se le telecamere non sono accese”). E strofe così dichiaratamente fastidiose da risultare divertenti (che è poi il primo obiettivo di Fibra): “L’artista è come il cazzo sotto coca prima o poi si ritira”. Fibra sa giocare bene con la lingua italiana. Anche il precedente Guerra e pace (2013) era pieno di citazioni e giochi di parole, riferimenti più o meno criptici e sentenze-tweet: “Sono in cerca di Dio come ogni scrittore”, “Sbaglia meno chi ha poche idee”, “Si viene al mondo per essere intrattenuti”, “Nessun cazzo è duro come la vita”, “Tutti inculano tutti, in Italia: praticamente qui da noi si nasce già con un cazzo nel culo”.

Detestato dalle femministe à la Boldrini, che quando c’è da cadere in un tranello non si fanno mai pregare, nel brano Dieci anni fa (con i Club Dogo) aveva già donato liriche elegiache: “La fortuna ha due sorelle, aspetta e spera / prendo una figa la butto nel letto ci/ piscio sopra lei si bagna”. I 21 brani di Squallor(Universal), già in testa alle classifiche su iTunes, confermano l’eclettismo linguistico di Fibra, il primo a rendere davvero mainstream il rap in Italia. Non mancheranno le polemiche, inseguite del resto dall’autore sin dai titoli (Troia in Porsche, Non me ne frega un cazzo).

Il rischio – per Fibra – è che si parli soprattutto dello scazzo con Fedez, reo forse di vendere ormai più di lui. Si pizzicano da sempre. Quando Fibra era più potente e la tivù la frequentava eccome (Bonolis, De Filippi), se gli chiedevano di commentare Fedez fingeva di non sapere nemmeno chi fosse. Adesso alterna tweet concilianti a sferzate, sperando che Fedez risponda (prima o poi lo farà). Nei due anni intercorsi traGuerra e Pace e Squallor, il rivale ha raggiunto il successo.

Non solo: ha detto no alla sua manager Zuckar, che forse voleva farne il nuovo Emis Killa; ha rifiutato di produrre Moreno, seguito proprio da Fibra sebbene Moreno incarni l’idea (da lui stigmatizzata) di “rapper banale”. Commentando a X Factor gli apprezzamenti ironici di Mika a Fibra, Fedez disse poi scherzando: “Ascolti del rap un po’ di merda”. Ulteriore sgarro di cui vendicarsi. C’è infine, o soprattutto, un’idea molto diversa di musica: più dichiaratamente impegnata in Fedez, più causticamente leggera in Fibra. Ieri lo scontro è deflagrato, in attesa di nuove puntate. Pardon: dissing.

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