Ci sono anche un ex ispettore capo dei vigili urbani e due carabinieri tra i 31 indagati dell’inchiesta “San Michele” del Ros dei carabinieri e della Dda di Torino. Venerdì pomeriggio la procura ha notificato agli avvocati la conclusione dell’indagine che lo scorso 1° luglio ha portato in carcere venti persone svelando l’esistenza di una cosca distaccata nelle provincia di Torino con interessi nelle attività edili e negli appalti, tra cui quelli per i lavori preliminari della Tav Torino-Lione. Nelle prossime settimane la procura potrebbe chiedere il processo per le 31 persone coinvolte nell’inchiesta.

Quindici di loro sono attualmente indagate per associazione a delinquere di stampo mafioso perché ritenute affiliate alla cosca Greco di San Mauro Marchesato (Crotone) distaccata nella provincia di Torino. A capo dell’organizzazione c’erano Angelo Greco, Domenico Greco e Mario Audia, in rapporti con alcuni esponenti di spicco della ‘ndrangheta “torinese” coinvolti nell’operazione “Minotauro”: Adolfo Crea, Giacomo Losurdo e Antonio Agresta. La cosca Greco era molto agguerrita: la sua attività principale erano le estorsioni fatte per ottenere il controllo di attività economiche, come i cantieri di residenze abitative o la cava a Sant’Antonino di Susa ritenuta strategica per lavorare in Val di Susa nella costruzione della Torino-Lione.

A sostenere la cosca ci sarebbero stati anche dei professionisti, imprenditori, un investigatore privato e alcuni uomini dello Stato, molti dei quali sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa dai pm Roberto Sparagna, Antonio Smeriglio, Giuseppe Riccaboni e Monica Abbatecola. Tra questi componenti della “zona grigia” c’è anche Pietro Tiengo, un ispettore capo della polizia municipale in servizio al tribunale di Torino ora in pensione: il “civich” entrava nel “Re.Ge.”, il registro informatico del tribunale, per ottenere informazioni riservate utili a Domenico Greco. Per gli inquirenti sebbene Tiengo agisse per tornaconto personale, contribuiva “alla permanenza e al consolidamento” della cosca, motivo per cui è ritenuto un “concorrente esterno” alla ‘ndrangheta.

Altri due uomini dello Stato, un ex comandante e un maresciallo della stazione dei carabinieri di Beinasco (Torino), sono indagati per accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio per aver cercato nel database delle forze dell’ordine informazioni su inchieste da comunicare all’investigatore privato Giovanni Ardis, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Si avvia verso il processo anche l’imprenditore Ferdinando Lazzaro, titolare dell’azienda di Susa Italcoge (ora Italcostruzioni): indagato per smaltimento illecito di rifiuti, sarebbe stato lui a dare un subappalto nel cantiere Tav di Chiomonte all’imprenditore Giovanni Toro, altro “concorrente esterno” alla cosca.

Per quanto riguarda invece il versante politico, dopo gli approfondimenti investigativi nessuno degli eletti citati nell’ordinanza di custodia cautelare di luglio è stato iscritto nel registro degli indagati. Nessuna ipotesi di reato verso l’ex consigliere regionale dell’Udc Alberto Goffi, avvicinato dal presunto ‘ndranghetista Nicola Mirante durante la campagna elettorale. Nessuna accusa neanche per i politici contattati da Giovanni Toro con l’intenzione di ottenere lavori e appalti: si parla del consigliere comunale di Grugliasco Domenico Verduci (“il nostro Cetto Laqualunque”, dicevano di lui gli indagati) e dell’assessore di Bruzolo Antonino Triolo: “Non sono emerse prove e indizi di reati, né risulta che sapessero di avere a che fare con degli ‘ndranghetisti”, spiega una fonte.

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