Cinema

La famiglia Bélier, non solo diversità ed emozione. Arriva in Italia il film che ha incantato la Francia

Eric Lartigau è il regista e la 18enne Louane Emera la prodigiosa protagonista nei panni di una 16enne nonché primogenita di una famiglia di non udenti che il caso ha voluto fosse l’unica a sentire. Iscritta svogliatamente a un corso di canto, scopre di avere doti vocali fuori dal comune. Ma la pellicola va ben oltre l’essere un'opera cinematografica sulla “diversità”

di Anna Maria Pasetti

Il film di Natale 2014 della Francia è stato e continua ad essere un vero e proprio “caso cinematografico” che ha unito i favori di pubblico e critica. Parliamo de La famiglia Bélier, una commedia di fronte alla quale nessuno, ma proprio nessuno finora tra gli oltre 7 milioni di spettatori Oltralpe, è riuscito a trattenere le lacrime. Ma attenzione: non si tratta di commozione melensa e scontata, bensì di emozione gioiosa, di quella che libera (buoni e doverosi) sentimenti per la vita.

Eric Lartigau ne è il regista e la 18enne Louane Emera la prodigiosa protagonista nei panni di Paula Bélier, la 16enne nonché primogenita di una famiglia di non udenti che il caso ha voluto fosse l’unica a sentire. Iscritta svogliatamente a un corso di canto, scopre di avere doti vocali fuori dal comune: quasi un paradosso vista la famiglia di origine. “Se Paula Bélier esistesse, mi piacerebbe che fosse la mia migliore amica!” esplode entusiasta la Emera, raccolta da Lartigau nel vivaio di talenti del talent show The Voice 2.

Il regista, che abbiamo incontrato a Parigi lo scorso gennaio, non si immaginava proprio che un film sulla “normalità di essere sordi” potesse raccogliere consensi di queste dimensioni. Ma in realtà è lo stesso Lartigau ad ammettere che “la sordità è un pretesto per raccontare una diversità nella quale si può essere perfettamente normali, tanto all’interno di una famiglia quanto nelle relazioni esterne, l’importante è sentirsi a proprio agio con se stessi e i Bélier ne sono perfetta testimonianza”.

Una testimonianza che tuttavia solo la comunità reale dei sordi poteva attestare. “Sì, e in effetti abbiamo mostrato loro il film: alcuni non l’hanno gradito perché i genitori – a parte il ragazzino che interpreta il fratello di Paula – non sono sordi, e per questo si sono sentiti un po’ traditi. D’altra parte io volevo assolutamente lavorare con Karin Viard e François Damiens”. Ma La famiglia Bélier va ben oltre l’essere un film sulla “diversità” e un Bildungsroman su un’adolescente: ambientato in un villaggio rurale della Francia settentrionale, mette in evidenza la realtà agricola contemporanea, la sfida sociale di chi ancora investe in un mondo – “il territorio” letteralmente – che solo in apparenza appartiene al passato. I Bélier hanno una propria fattoria dove coltivano, allevano e vendono i loro prodotti nei mercatini locali.

Ed è osservando il malessere dei agricoltori/allevatori francesi che papà Bélier decidere di “scendere in campo” in politica, candidandosi come sindaco del paese con la figlia Paula che – anche in quest’occasione – gli fa da interprete con il linguaggio LSF. “Certo, è anche un film politico mostrando come il linguaggio della politica espresso a parole è più misterioso e affabulatore di quello nel linguaggio dei segni. C’è stato un episodio in Francia di un candidato alla presidenza che era non udente, ma la sua campagna elettorale è durata poco. Forse il fim vuole essere anche una metafora dell’ascolto: entrando nella triste attualità stringente, i fatti di Charlie Hebdo denunciano che sempre più la politica si deve mettere in ascolto di quanto la circonda, e per farlo deve mettersi in ascolto di se stessa”. La Famiglia Bélier uscirà nelle sale italiane il 26 marzo distribuito da BIM.

Il trailer sottotitolato per i non udenti

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