Mentre tutti concordano sull’importanza di poter attirare nuovi investimenti stranieri per stemperare gli effetti della crisi, in Europa c’è un Paese (desideroso di entrare nell’Ue) che platealmente scoraggia possibili partner con comportamenti scorretti, su cui si stanno esprimendo anche tribunali continentali.
Dopo otto anni dal primo sollecito la commissione per gli Affari esteri del Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul Montenegro, in cui chiede esplicitamente al governo di Milo Djukanovic (un passato attenzionato dalle procure di Napoli e Bari per contrabbando internazionale di sigarette) di risolvere le dispute commerciali con gli investitori stranieri che sono fondamentali per l’economia del Montenegro.
Il caso è stato sollevato dalla Central European Aluminium Company (Ceac), l’azienda con sede a Cipro che è al contempo azionista principale e uno dei maggiori creditori della montenegrina Kombinat Aluminijuma Podgorica (Kap). La Ceac ha comprato la fonderia ma subito dopo è stata chiusa, perché il governo ha falsificato il bilancio prima della vendita nascondendo debiti milionari. Nel 2007 la Ceac ha avviato un procedimento arbitrale e due anni dopo ha firmato un accordo amichevole in cambio del nulla osta del governo ad un piano di ristrutturazione che ne prevedeva il ridimensionamento. Ma due anni fa il governo ha avviato una procedura fallimentare contro la fonderia che è stata dichiarata fallita e messa in vendita.
Tra l’altro lo scorso 7 luglio il Tribunale distrettuale di Nicosia ha ordinato un’ingiunzione di pagamento in relazione ad una richiesta presentata dalla società cipriota per un risarcimento di 44 milioni da parte del Montenegro. Ma il Paese del premier Djukanovic ha palesemente ignorato la pronuncia dei giudici ciprioti.
Si paventa, a questo punto, il rischio concreto che da parte dei funzionari europei ci siano due pesi e due misure, chiudendo un occhio sul vero e proprio caos (giudiziario, politico, imprenditoriale commerciale) che accade a due passi da casa nostra e che non ha fatto solo una vittima. Oltre alla Ceac, medesimo trattamento è stato riservato all’olandese Mnss, con l’azienda che controllava Zelezara, il più grande impianto metallurgico del Montenegro beffata dal governo che un bel giorno ha assorbito il sito per rivenderlo ad una società turca. Stesso clichè per gli italiani di A2A che dopo aver speso 400 milioni per il 44% della utility elettrica Epcg si sono visti crollare i ricavi perché il governo ha sforbiciato del 20% i prezzi dell’energia elettrica.
La quantità dei risarcimenti chiesti dagli investitori stranieri in Montenegro si avvicina a 1 miliardo di euro, quasi 1/3 del Pil del paese. Sul punto si registra anche il dato contenuto nell’Index of Economic Freedom 2015 emesso da Heritage Foundation in collaborazione con Wall Street Journal secondo cui “la criminalità organizzata influenza in modo significativo sia il settore pubblico che quello privato” e la corruzione “rimane pervasiva” in Montenegro. Posizionandolo al 66 ° posto, tra il Ruanda e Trinidad de Tobago.
Tutto qui? No, c’è dell’altro come i documenti che testimonierebbero il possibile coinvolgimento delle sorelle di Milo Djukanovic durante la privatizzazione della società di telecomunicazioni locale. Giusto per non farsi mancare nulla.
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