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Sfilate di moda, i volontari del backstage: orari e condizioni impossibili. Ma senza di loro non si va in scena

Si sobbarcano una settimana di lavoro frenetico senza prendere il becco di un quattrino, gratificati solo dal fatto di essere a tu per tu con celebrità di ogni tipo e dalla promessa (si fa per dire) di essere loro un giorno sotto i riflettori. Peccato che, in quelle ore frenetiche e stressanti, possa capitare di “scambiare” uno stagista per un volontario, pagandolo niente oppure cifre ridicole

di Romina Velchi

Lavorano dalle sei del mattino alle undici di sera; assistono le indossatrici tra un cambio e l’altro; assegnano i posti agli ospiti; allestiscono le sale dove si svolgerà lo show; sottostanno a rigidi codici di comportamento (niente foto, vietato parlare agli ospiti) e di abbigliamento (pantaloni neri, punto e basta) pena la cacciata su due piedi. E’ l’esercito di volontari senza i quali, semplicemente, una sfilata non potrebbe andare in scena e che si sobbarcano una settimana di lavoro frenetico senza prendere il becco di un quattrino, gratificati solo dal fatto di essere a tu per tu con celebrità di ogni tipo e dalla promessa (si fa per dire) di essere loro un giorno sotto i riflettori.

E’ talmente prezioso il loro lavoro che l’associazione degli stilisti americani ha realizzato una lista di 412 volontari, selezionati tra migliaia di richieste giunte da tutto il mondo. Peccato che, in quelle ore frenetiche e stressanti, possa capitare di “scambiare” uno stagista per un volontario, pagandolo niente oppure cifre ridicole. Il che ha provocato la recente sfilza di cause di lavoro contro compagnie e case editrici che impiegano tirocinanti senza retribuzione, tanto che un colosso come la Condè Nast (editrice di Vogue, Vanity Fair o The New Yorker) sembra abbia deciso di lasciar perdere con il programma sugli stagisti proprio per questo.

Ma a Londra, come nelle altre capitali della moda, potranno sempre contare su giovani volontari, attirati dalla prospettiva di avere, anche solo per sette giorni, il loro posticino al sole. E questo nonostante le rigide regole cui devono sottostare. Per esempio, saltare un turno è un peccato mortale e ogni minima assenza va giustificata con un certificato medico entro le 24 ore precedenti l’inizio del turno. Inoltre, non possono scattare foto, rivolgere la parola ai vip, tantomeno condividere immagini e momenti su twitter, facebook, instagram; non posso divulgare in nessun modo la loro esperienza.

I loro compiti sono semplici quanto essenziali per il tranquillo svolgimento dello show: drappeggiare i tavoli; sistemare i volantini; allineare le panche; raccogliere la spazzatura da terra; mostrare agli ospiti i loro posti sulle panche; restare sull’attenti durante lo spettacolo; in alcuni casi, aiutare le indossatrici a vestirsi. Ma stare una settimana a stretto contatto con stilisti famosi, modelle e celebrità varie è considerato un buon modo per prendere contatti ed entrare in un’industria dove conoscere le persone giuste è essenziale. Ecco perché gli stagisti si prestano a lavorare gratis durante le settimane della moda e perché viene mantenuta volutamente ambigua la relazione tirocinante/volontario: la principale regola del volontario alle settimane della moda è quella di non parlare di volontariato alle settimane della moda.
In cambio, gli organizzatori degli eventi (società di produzione, accademie di moda e così via) risparmiano un bel po’ di soldi: se alla Fashion Week di New York avessero dovuto pagare 400 persone per 30 ore ciascuno a 10 dollari l’ora, avrebbero speso 120mila dollari. A occhio e croce non sembra uno scambio alla pari.

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