Stretta sulle assenze per malattia, concreta possibilità di licenziamento come massimo grado della sanzione disciplinare, più peso alla valutazione dei risultati nella progressione di carriera. Sono alcuni degli emendamenti alla legge delega sulla riforma della pubblica amministrazione voluti dal governo e presentati dal relatore Giorgio Pagliari (Pd). Ma, secondo Il Messaggero, la novità più dirompente contenuta nel pacchetto di proposte di modifica è quella che riguarda la punibilità per la “responsabilità amministrativo-contabile” dei dirigenti della pa. Vale a dire, in soldoni, per i danni erariali causati da atti da loro approvati.

Ebbene, un comma aggiunto all’articolo 13 del ddl firmato dal ministro Marianna Madia prevede “il rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione e del conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, anche attraverso l’esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per l’attività gestionale”. Il quotidiano romano, citando alcuni anonimi magistrati della Corte dei conti, interpreta la novità come uno stop alla possibilità di chiamare in causa i vertici politici. Insomma, la responsabilità resterà in capo esclusivamente al dirigente stesso. Cosa che potrebbe determinare la decadenza di molti procedimenti in corso nei confronti di sindaci, presidenti di provincia o ex amministratori. Infatti se la norma passerà, paventano i giudici contabili, sindaci, presidenti di Regione, ministrisottosegretari non saranno più imputabili per l’eventuale malagestione messa in atto dalla macchina amministrativa di cui sono alla guida. Fonti del governo martedì riferivano che l’emendamento è stato studiato proprio per poter far sì che i dirigenti possano essere chiamati a rispondere delle proprie azioni anche se si difendono dicendo di aver eseguito ordini arrivati dalla politica.

C’è però anche una lettura opposta fatta propria dal Corriere della Sera, secondo cui il dirigente “non potrà essere ritenuto responsabile di danni erariali provocati dalle scelte politiche di chi lo indirizza”.

Passando agli altri emendamenti del pacchetto Pagliari, dopo lo scandalo delle assenze dei vigili romani a Capodanno si conferma innanzitutto la volontà di stringere le maglie sulle visite per confermare lo stato di malattia dei dipendenti pubblici che mancano dal lavoro. Come anticipato, l’esecutivo intende affidare i controlli all’Inps “al fine di garantirne l’effettività”. Giro di vite anche sull’azione disciplinare, fino al licenziamento. Mossa obbligata dopo che sono stati diffusi dati secondo cui nel 2013, a fronte di 7mila procedimenti disciplinari avviati, nei confronti di dipendenti pubblici, solo 200 persone sono state licenziate. Tuttavia, ha precisato Madia, in caso di licenziamenti illegittimi varrà “sempre il reintegro. Anche perché c’è un rischio di spoil-system”. Tradotto: come il ministro e il resto del governo hanno sempre sostenuto, per la pa il Jobs act non vale. Tesi su cui, come è noto, altre frange della maggioranza – vedi Scelta civica – non sono affatto d’accordo.

La road-map della riforma ora prevede qualche giorno di stop. Il 29 gennaio scadono i termini per i subemendamenti, ultimo atto prima di passare al voto in commissione Affari costituzionali al Senato, dove il ddl è al suo primo passaggio. La legge elettorale e l’elezione del capo dello Stato potrebbero rallentare il percorso, ma secondo Madia il governo è già al lavoro sulla parte attuativa, in particolare sul nuovo “testo unico sul pubblico impiego”. D’altra parte “l’indicazione del premier è di avere i decreti pronti quasi in contemporanea con l’approvazione definitiva del ddl”, che dovrebbe avvenire entro la primavera.

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