“Non ha più importanza chi detiene il potere politico, tanto non sono più loro a decidere le cose da fare”. Noam Chomsky lo scriveva già dagli anni ’90, ma quello che sta avvenendo in Europa ne è la conferma più emblematica. Non è il caso qui di tornare sul colpo di Stato permanente in Italia, oggi vorrei porre l’attenzione su quello che accadendo in Grecia, con la speranza che ad indignarsi siano anche coloro che si ostinano a credere di vivere in un sistema democratico ai tempi di Draghi, Merkel e Juncker.

In vista del voto del 17 dicembre per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica, il premier greco Antonis Samaras ha presentato un candidato, Stavros Dimas, impresentabile, in quanto ex commissario dell’Unione Europea. Per evitare le elezioni anticipate nel 2015, così come previsto dalla Costituzione, Samaras dovrà confidare sui voti dell’opposizione e raggiungere il 60% delle preferenze in Parlamento. Si tratta di un nome chiaramente non accettabile per il principale partito dell’opposizione nel paese, Syriza, che ha dichiarato di voler cancellare il Memorandum d’intesa imposto dalla Troika e rinegoziare tutto il debito contratto dal paese con gli istituti di credito stranieri. La sola possibilità di elezioni anticipate e vittoria del partito di Tsipras – che guida ormai i sondaggi con oltre il 31% dei consensi – ha gettato sul paese l’ira indomabile dei mercati, che hanno fatto crollare la borsa di Atene del 20% in una settimana e riportato i tassi sui titoli a tre anni a livelli da default, invertendo per la prima volta la curva dei rendimenti.

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All’ira funesta dei mercati contro Syriza, che ha la colpa imperdonabile di voler far carta straccia del Memorandum d’intesa imposto dalla Troika – un testo definito da Ambrose Evans Pritchard “vandalismo economico”, dato che ha spinto Atene a sette anni di depressione con il crollo del Pil del 25,9%, un record assoluto anche per gli anni ’30 – è seguita quella dei suoi Kapò. Il premier greco Antonis Samaras ha accusato Syriza di generare “terrore” nei mercati finanziari: “I cittadini e i mercati non vogliono le elezioni”, ha dichiarato. Se a queste dichiarazioni aggiungiamo quelle del ministro delle Finanze Schäuble, secondo cui una linea di credito precauzionale non sarà concessa al paese fino a quando la Grecia non avrà concluso l’attuale piano di “salvataggio” (dal quale Syriza vuole uscire), si comprende come il terreno sia stato già creato ad hoc per far passare il partito di Tsipras come il terrorista che vuole gettare il paese nel caos. Come se il 26% di disoccupazione (quasi il 50% quella giovanile) e tre cittadini poveri su cinque (rapporto della Commissione bilancio del Parlamento) lo avesse prodotto Syriza. Non sarà facile, ma in un paese come la Grecia distrutto da anni di commissariamento della Troika e da anni di terrorismo dell’informazione, l’unica speranza è che il partito di Tsipras non accetti il ricatto e prosegua nella sua lotta di liberazione con maggior vigore (ad esempio iniziando a mettere in discussione apertamente la partecipazione alla zona euro).

Dopo quelle di Samaras e Schäuble sono arrivate immancabili anche le dichiarazioni di Juncker, presidente della Commissione Europea: “Penso che i Greci – che hanno una vita molto difficile – sappiano molto bene cosa significherebbe un risultato elettorale sbagliato per la Grecia e la zona euro”. Quindi l’unica alternativa alla dittatura della Troika sarebbe un “esito sbagliato del voto” che i Greci dovrebbero evitare. Ma Juncker è andato oltre e ha compiuta forse la maggiore interferenza di Bruxelles nella vita politica della Grecia, lanciando un monito preciso per non votare le “forze estreme” e invitando “i volti noti” a candidarsi, in riferimento all’ex commissario greco dell’Ue, Stavros Dimas, candidato presidenziale per conto della coalizione di governo. Alla domanda se Syriza e Tsipras si qualificano come “forze estreme”, Juncker ha risposto: “Vorrei che la Grecia fosse governata da persone che abbiano a cuore il popolo greco ma che capiscano anche la necessità dei processi europei”. Chiaro no, tu chiamalo se vuoi… Diktat!

Tsipras e il suo programma economico, lo spiega molto bene Ambrose Evans Pritchard sul Telegraph, implicherebbe che, in caso di elezione, la Grecia sarebbe costretta ad uscire dall’euro in poco tempo, a meno che le istituzioni europee non rivedano completamente le loro scelte. Un’eventualità che le forze speculativo-finanziarie che muovono tutte le decisioni di quei politici-marionette, per dirla alla Chomsky, non vogliono e utilizeranno tutta la loro forza per impedirlo. E’ bene sottolineare sin da subito che tutto quello che sta accadendo in Grecia con il ricatto dei mercati contro Syriza accadrà poi in Spagna con Podemos prima delle elezioni del dicembre 2015, e poi in Italia contro il Movimento Cinque Stelle quando si voterà; infine, in Francia contro Le Pen nel 2017. Il meccanismo è semplice: si muovono gli spread, si fanno crollare le borse e si fa passare per terrorista chi vuole offrire un’alternativa alla disoccupazione di massa, la povertà diffusa e le liberalizzazioni selvagge imposte da Berlino, Francoforte e Bruxelles. E questo affinché le popolazioni, bombardate da un’informazione collusa, associno il panico finanziario (che come abbiamo visto molto bene negli ultimi anni non ha nulla a che vedere con l’economia reale) con quei partiti al momento di recarsi alle urne. Pensate di vivere ancora in una democrazia?

In una conferenza poco nota di Martin Heidegger tenuta a Roma nel 1936, l’Europa e la filosofia tedesca, il grande pensatore tedesco vedeva la possibilità di salvare l’Europa solo ad una duplice condizione: a) la preservazione dei popoli europei dall’influsso asiatico (dal dispotismo asiatico, si potrebbe aggiungere); b) il superamento del proprio sradicamento e della frammentazione. L’idea che la filosofia tedesca avrebbe salvato l’Europa dopo quello che da Hitler a Merkel è successo getta un’ombra lunga sul discorso premonitore di colui che nonostante tutto resta il più importante filosofo del Novecento. Secondo Heidegger il concetto d’Europa cominciava con la scissione della Grecia dal mondo asiatico e, in particolare, con la nascita della filosofia. Uccidendo il paese dove nacque democrazia e filosofia, la Troika (e i suoi servi) stanno decretando la fine proprio di quel concetto.

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