A poco più di due anni dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria arriva l’ennesima sentenza nei confronti di un politico calabrese per mafia. Dopo diverse ore di camera di consiglio, ieri sera tardi (mercoledì 3 dicembre) in aula bunker si è concluso con pesanti condanne il processo “Alta tensione 2“. Il tribunale ha accolto le richieste del pm Stefano Musolino e ha inflitto 12 anni a Giuseppe Plutino, l’ex consigliere e assessore all’Ambiente del Comune di Reggio Calabria. Il politico, uomo di fiducia dell’ex sindaco e governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Per la Direzione distrettuale antimafia, infatti, Plutino è uno dei componenti della famiglia mafiosa Caridi federata con la più importante cosca Libri. In sostanza, stando all’accusa, l’ex assessore forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla cosca Caridi come referente politico del sodalizio, destinatario delle preferenze elettorali, ricevute sia dagli affiliati, sia da parte di terzi ma raccolti in suo favore dagli esponenti della famiglia mafiosa nel corso di varie consultazioni elettorali, con particolare riferimento a quelle per l’elezione del Consiglio comunale di Reggio Calabria del maggio 2011, anche mediante sistemi di alterazione della libera competizione elettorale e di controllo della libertà di voto”. Plutino, infatti, è cugino di Domenico e Filippo Condemi (condannati rispettivamente a 22 anni e 6 mesi e 10 anni di carcere), considerati boss nel quartiere San Giorgio Extra, nella periferia sud di Reggio.

L’operazione “Alta tensione 2” ha fatto luce anche su una tentata estorsione ai danni del consigliere regionale Giovanni Nucera (oggi anche lui indagato per corruzione elettorale) che sarebbe stato pressato da Plutino e dai Condemi i quali avrebbero voluto imporre l’assunzione di un parente nella struttura del politico. Nel corso del processo, il capo di imputazione contestato a Plutino è stato modificato da concorso esterno ad associazione mafiosa. Le indagini hanno dimostrato come l’ex assessore del centrodestra fosse stato “il referente della cosca Caridi-Borghetto-Zindato all’interno delle istituzioni”. “È cresciuto politicamente attraverso queste dinamiche – ha ricordato il sostituto della Dda Musolino durante la requisitoria – La‘ndrangheta aveva bisogno di infiltrarsi nelle istituzioni e tramite Plutino questo è avvenuto”.

Nella sue repliche alle arringhe degli avvocati, il pm ha parlato di ‘ndrangheta “fluida” capace di infiltrarsi nelle istituzioni e ha sottolineato che “le cosche vogliono essere riconosciute come sistema di potere”. Il processo gli ha dato ragione e quasi tutti gli imputati che hanno scelto il rito ordinario sono stati condannati a bene pesantissime.
Il Tribunale, infatti, ha assolto solo il boss Pasquale Libri (accusato di un’estorsione) e il poliziotto Bruno Doldo, processato per rivelazione del segreto d’ufficio e per il quale il pm Musolino aveva chiesto 4 anni di carcere. Nei suoi confronti era stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare revocata dopo qualche mese di carcere. Al termine del processo di primo grado non ha retto l’impianto accusatorio che indicava l’ex agente della Digos come l’informatore della cosca Condemi circa le indagini della Procura.

‘Ndrangheta e potere. Ma anche tanti soldi. Stamattina (giovedì 4 dicembre) la Guardia di Finanza di Reggio e lo Scico di Roma hanno sequestrato beni per 3 milioni e mezzo di euro alla cosca gallico di Palmi. L’operazione, denominata “Caput mundi“, vede come destinatari i pregiudicati Francesco Frisina e il nipote Alessandro Mazzullo, ritenuto uno dei rampolli emergenti della cosca Gallico. Stando all’inchiesta delle Fiamme Gialle, dopo essersi trasferiti a Roma i due avevano portato a termine alcune operazioni finanziarie finalizzate all’acquisizione di immobili e alla gestione di attività commerciali della capitale. Tutti beni oggi che lo Stato ha strappato alla ‘ndrangheta.

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