Dieci milioni di euro da dover pagare per risarcimento danni, senza che venga mosso un dito. In alternativa, l’annullamento di un contratto già sottoscritto, da sostituire con un altro di venti milioni di euro più costoso. Il dubbio amletico che Anas è chiamata a sciogliere in queste settimane ha una sola certezza: a sobbarcarsi il suo pasticcio su una delle opere più importanti della Puglia, la statale 275, saranno, in ogni caso, i cittadini. È sulle loro teste, e sulle loro tasche, che è esplosa la guerra milionaria tra due colossi dell’edilizia, il gruppo Matarrese di Bari e il Consorzio Cooperative Costruzioni, gigante delle coop rosse emiliane, a cui l’appalto è stato affidato in modo illegittimo, come ha sentenziato il Consiglio di Stato. La spirale di nuovi ricorsi pronta a innescarsi preoccupa la politica, perché un ulteriore slittamento dei tempi collide con alcune autorizzazioni in scadenza. Il pericolo di un dirottamento altrove dei fondi è il motivo per cui, la scorsa settimana, l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Loredana Capone, è volata a Roma per un incontro informale con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La grande torta

La storia è quella del raddoppio della strada che unisce Maglie con Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce. L’attuale statale, che in alcuni punti attraversa centri abitati, dovrebbe essere ampliata da due a quattro corsie. Una lingua d’asfalto lunga 41 chilometri, la metà dei quali da realizzare completamente su nuova sezione. È tra i progetti più contestati sul territorio, un tira e molla che si trascina da vent’anni, da quando il percorso venne immaginato per collegare le zone industriali del Basso Salento, quelle dell’economia fiorente del tessile e calzaturiero, fabbriche da migliaia di operai. Un mondo scomparso da almeno un decennio. L’opera, sovradimensionata, è sopravvissuta, finanziata a più riprese: nel 2001, a disposizione c’erano 113,6 milioni di euro, che sono diventati 165,5 milioni, interamente a carico della Regione, nel 2003. Nel passaggio dal progetto preliminare a quello definitivo, nel 2009, il costo è lievitato e non di misura: si è passati a 287,8 milioni di euro, di cui 152,4 milioni a valere sulle risorse che il Cipe ha assegnato alla Regione Puglia e il resto a carico del Fondo infrastrutture per il Mezzogiorno.

L’appalto viziato: “macroscopiche illegittimità”

La gara d’appalto è già stata espletata e ad aggiudicarsela, il 19 aprile 2012, è stato il raggruppamento Uniland-Ccc, con un ribasso del 42,69 per cento. Il contratto è già stato firmato, senza attendere la pronuncia definitiva del Consiglio di Stato, che, a luglio scorso, ha sparigliato le carte. Con una sentenza clamorosa ha rigettato la pronuncia del Tar di Lecce e accolto il ricorso dell’associazione temporanea d’imprese Matarrese-Coedisal Palumbo, arrivata quarta. Era questa a dover vincere la gara, mentre non avrebbero dovuto essere ammessi né Uniland-Ccc né i raggruppamenti posizionatisi secondi e terzi in graduatoria, l’AtiGrandi Lavori Fincosit-Socostramo e l’Ati Salini-Ircoop. In tutti e tre i casi, sarebbero state violate, a vario titolo, prescrizioni del bando e norme del Codice degli appalti. Inoltre, non sarebbero stati rispettati i requisiti necessari con riferimento alla natura e all’entità dei lavori, alla qualificazione dei gruppi di progettazione e alla ripartizione delle quote di svolgimento delle opere. Tutti motivi che hanno indotto i giudici di Palazzo Spada a parlare chiaramente di “macroscopicità delle illegittimità rilevate”.

Anas al bivio, ma pagano i cittadini

Ora che si fa? Si dovrà decidere in fretta e i prossimi saranno giorni decisivi. La prima ipotesi prevede che Anas confermi l’accordo già firmato e che il Consiglio di Stato non ha potuto depennare. Il Codice del processo amministrativo, infatti, stabilisce che non si possano annullare i contratti d’appalto relativi ad opere di interesse nazionale, come lo è la statale 275. Il rovescio della medaglia, in questo caso, è l’esborso di un cospicuo risarcimento alla Matarrese, “per equivalente nella misura del 5 per cento e del danno curriculare e di chance nella misura dell’1,5 per cento del prezzo offerto in gara” dalla società: 10 milioni di euro da pagare sull’unghia, puliti.

La seconda ipotesi l’ha prevista la stessa sentenza di luglio, facendo “salva la possibilità che l’Anas, in relazione alla macroscopicità delle illegittimità rilevate, faccia luogo ad eventuale annullamento in autotutela dell’aggiudicazione ed alla conseguente risoluzione del contratto”. “Non può farlo – è la tesi di Ernesto Sticchi Damiani, legale di Ccc – proprio per la stessa ragione per cui ciò è stato già inibito al Consiglio di Stato. Inoltre, c’è un problema di costi, poiché l’offerta di Matarrese è di circa 20 milioni di euro più cara della nostra”.

Il vicolo cieco

Gli incontri riservati a Roma tra la Matarrese e vertici della società del Ministero dell’Economia lasciano intendere che si viaggi verso l’annullamento del contratto.”Oggetto dell’appalto – spiega Pietro Quinto, difensore del gruppo barese – era non solo l’offerta economica ma anche la progettazione esecutiva. È accaduto che Ccc ha ritardato l’adempimento di questo obbligo e, a quanto è dato di conoscere, il progetto esecutivo, tardivamente depositato, non è stato approvato e si ha motivo di ritenere che difficilmente potrà esserlo”. Il perché è nelle cose: le illegittimità rilevate potrebbero riguardare anche il computo metrico che ha condizionato il sostanzioso ribasso d’asta.

Dunque, Matarrese ha la strada spianata? Macché. A ingarbugliare il quadro c’è una novità. Come attestato dai Durc, non è in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali, requisito richiesto fin dalla presentazione dell’offerta e per tutta la durata della procedura. È un dettaglio emerso giusto il 9 ottobre scorso: il Tar di Lecce ha emanato un’ordinanza con cui ha confermato l’annullamento da parte dell’Autorità Portuale di Taranto dell’aggiudicazione di una gara in favore di Matarrese, proprio “per difetto del requisito di regolarità contributiva”. Un procedimento parallelo, ma che, com’è ovvio, potrebbe avere ripercussioni dirette sulla vicenda 275.

L’Autorità anticorruzione? Temiamo un conflitto di interessi”

A rigirare il dito nella piaga sono gli ambientalisti locali. Dopo che il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di espropriandi, si stanno rivolgendo alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Chiedono di annullare tutti gli atti, che secondo loro hanno un vizio a monte: negli anni Novanta, la progettazione della strada venne assegnata con incarico diretto, senza procedura di evidenza pubblica, alla Pro.sal spa. È lo studio di progettazione dell’ingegnere Angelo Sticchi Damiani, attuale presidente dell’Aci.

“Dati i costi, per noi è affidamento illegittimo. Inoltre, lungo il tracciato della futura statale sono emerse discariche di rifiuti pericolosi tombati ed è evidente che gli studi geognostici e idrogeologici commissionati non sono stati effettuati. Finora non ci ha ascoltato nessuno – dice Vito Lisi, presente del Comitato No 275 – pensavamo di rivolgerci all’Autorità nazionale anticorruzione, ma abbiamo appreso che nella Commissione in materia di appalti, insediatasi il 18 settembre scorso, siede Saverio Sticchi Damiani, nipote di Angelo e figlio di Ernesto. Temiamo un conflitto di interessi”.

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