Trascorrere il sabato lontano dalla scuola. Una prospettiva che certo non getta nella disperazione i quasi 35mila studenti delle scuole medie superiori genovesi e probabilmente neppure i professori. Ma desta preoccupazione fra i dirigenti scolastici, alle prese con problemi organizzativi e non solo. La Provincia ha deciso per l’anno scolastico che comincerà a settembre la chiusura degli edifici scolastici, 88 nel territorio genovese, che ospitano 66 istituti superiori. “Problemi di bilancio”, spalanca le braccia Piero Fossati, commissario dell’Ente. “Dovremo ridurre i costi di riscaldamento, energia elettrica e delle altre utenze”. Risparmio previsto per 34 sabati senza scuola: un milione di euro. La Provincia dovrà far quadrare i conti del bilancio andando a scovare altri cinque milioni di euro di risparmi. Un esercizio da acrobati. Intanto la mannaia cala sulle scuola, il ventre molle della spesa pubblica locale. Tagliare nella carne lì sembra semplice.

Ma non è così semplice la partita. Dice al fattoquoitidiano.it Sara Pagano, direttrice dell’ufficio scolastico genovese: “Ci siamo trovati davanti al fatto compiuto. La notizia della chiusura al sabato ci è pervenuta giovedì 3 luglio, con posta certificata datata 30 giugno, senza spiegazioni di sorta. Né ci era stata anticipata a voce. Si fa così, ci informano, e stop. Nessun confronto, dunque. Anche nel metodo ho parecchio da eccepire. L’organizzazione delle lezioni, gli orari, l’impiego degli insegnanti è materia riservata a noi in esclusiva. Quella della provincia è un’invasione di campo”. Pagano rimarca un ulteriore aspetto della vicenda: “La decisione di liberare il weekend si pone in netta controtendenza al progetto sviluppato dal ministero della Pubblica Istruzione che prevede di allungare l’arco di impegno nella giornata e il numero delle ore di disponibilità degli insegnanti fino a 36 settimanali. È una riforma alla quale il ministro Stefania Giannini tiene moltissimo”. Il piano sarà presentato il 15 luglio e prevede anche aumenti di stipendio fino al 30% per i docenti impegnati in ruoli organizzativi o in attività specializzate. La media attuale dell’impegno lavorativo di un insegnante è di 18 ore a settimana, oltre a 80 ore l’anno per consigli di classe e di istituto.

Perplessi i presidi genovesi. Se la direttiva della provincia non venisse corretta o ritirata sarebbero costretti a rivedere gli orari delle lezioni, comprimendoli in soli cinque giorni, con pesanti disagi organizzativi e l’obbligo di ricorrere ai famigerati – e da tempo dimenticati – turni pomeridiani. Mario Eugenio Prediari del liceo classico Mazzini, di Genova Sampierdarena, coltivava prospettive del tutto opposte: “Ero favorevole ad un orario più disteso perché un liceo classico ha molte materie teoriche e pochi laboratori e non è facile mantenere la concentrazione dalle otto di mattina alle due del pomeriggio con un quarto d’ora appena di pausa”. Predieri si augura che i quattrini risparmiati siano impegnati per interventi di manutenzione degli edifici scolastiici (il piano Renzi ha preso avvio, a scartamento ridotto, solo 800 milioni impegnati dei 3mila promessi, ndr). Ma è consapevole che quei soldi prenderanno altre strade.

“La solita decisione calata dall’alto sulla scuola, senza consultare i soggetti interessati – dice al fattoquotidiano.it Gianni Cazzola, della Cgil-Flc (Federazione lavoratori della conoscenza) di Savona – A Savona si era sperimentata la chiusura delle scuole il sabato, tuttavia i benefici economici di questa decisione restano tutti da verificare. Andrebbero conteggiati anche i costi, ad esempio quelli del trasporto urbano che dovrebbe essere rimodulato secondo le nuove esigenze degli studenti. Purtroppo la didattica è diventata l’ultima cosa a cui badare. Temo che anche questa decisione risenta della moda: oggi conta andare sui giornali a forza di annunci”.

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