I numeri, questa volta, parlano da soli: in Italia oltre un milione di bambini vive in condizioni di povertà economica estrema, mentre quelli a rischio esclusione superano i 3 milioni e mezzo, con inevitabili ripercussioni sul loro futuro. A rivelarlo è l’indice di ‘povertà educativa’ stilato da Save the Children per denunciare le condizioni di difficoltà in cui vivono moltissimi minori italiani. “Da una parte – spiega Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa dell’associazione – c’è il lato più evidente della povertà, che si traduce nella dispersione scolastica, dall’altra una profonda discriminazione per quanto riguarda le condizioni di partenza dei bambini. Dai dati emerge che i ragazzi che riescono a concludere gli studi spesso sono quelli che hanno alle spalle un livello socio-economico già alto”. Purtroppo in molti casi, “la scuola non aiuta ad accorciare le distanze, anzi. Spesso riproduce le fratture già presenti di generazione in generazione”. “La cosa più grave – aggiunge – è che già dai primi anni della loro infanzia questi ragazzi sono consapevoli di avere meno opportunità rispetto agli altri. Capita di incontrare bambine che vorrebbero fare le maestre. Ma sappiamo già che non sarà possibile”. In questo modo “anche i sogni più semplici vengono autocensurati, perché i bambini sono già consapevoli di non poter portare a termine i loro studi”.

Per migliorare le condizioni educative e creative dei minori più svantaggiati, Save the Children ha deciso di creare i ‘punti luce’; si tratta di luoghi ad “alta densità educativa” aperti a bambini e ragazzi tra i 6 e i 16 anni, dove è possibile studiare, giocare e scegliere i propri passatempi liberamente. “Questi spazi – continua Milano – vengono aperti in aree del paese in cui scarseggiano i luoghi per l’infanzia. Qui bambini e giovani non trovano soltanto un sostegno allo studio; possono leggere, fare sport e imparare a utilizzare internet in modo sicuro e consapevole”. “A questa offerta si aggiungono laboratori artistici e musicali, scelti con la partecipazione diretta dei ragazzi perché possano sviluppare i propri gusti personali”, conclude la responsabile.

Al momento i ‘punti luce’ sono cinque: Bari, Palermo, Catania, Genova e Gioiosa Ionica (Rc), ma sono destinati ad aumentare. E’ già stata annunciata l’apertura di due nuovi spazi a Roma entro la fine del 2014, uno nel quartiere di Torre Maura, l’altro a Ponte di Nona, a cui seguiranno Napoli, Milano e Torino. “Naturalmente si cerca di dare la priorità ai quartieri più svantaggiati”, visto che “spesso il territorio da solo non ce la fa”. Per il centro di Torre Maura, ad esempio, “il Comune di Roma ha messo a disposizione un centro polivalente, aperto al contributo e alla partecipazione attiva delle associazioni già presenti sul territorio”. In media in ogni ‘punto luce’ sono coinvolti almeno 400 ragazzi, che vengono seguiti da un educatore o da uno psicologo, a cui si affianca il lavoro dei volontari. Grazie al lavoro mirato degli operatori, infatti, si riescono a “individuare quei bambini che hanno una situazione certificata di bisogno o che vivono in situazioni critiche di povertà“. I minori in questione vengono poi seguiti con alcuni piani di sostegno individuale. Se, infatti, la povertà educativa spesso è sorella di quella economica, questo non deve impedire ai bambini di coltivare i loro talenti.

Ma in che modo i ragazzi sono coinvolti in tutte queste attività? “Innanzitutto vengono consultati su quello che gli piace fare di più“, sottolinea la responsabile. “Che si tratti di hip hop, video o fotografia“, ai giovani è lasciata la libertà di “andare incontro alle loro inclinazioni personali”, con un occhio sempre aperto alla cultura. Secondo l’indice di povertà educativa, infatti, in Campania solo il 16% dei minori ha visitato un monumento nell’ultimo anno, percentuale che scende al 12% in Sicilia. “In un paese come il nostro – conclude Milano – con i siti archeologici più importanti al mondo è necessario educare questi ragazzi al piacere dell’arte e della cultura“.

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