Cinema

“Io sto con la sposa”, un docufilm che disobbedisce alle leggi sull’immigrazione

Aiutare cinque ragazzi siriani a raggiungere Stoccolma inscenando un corteo nuziale itinerante, filmato in presa diretta: i tre registi rischiano fino a 15 anni di carcere ma "ventimila morti in frontiera sono abbastanza per dire basta"

di Claudia Rossi

“Quale poliziotto chiederebbe mai i documenti a una sposa?” E’ da questa domanda che nasce l’idea di “Io sto con la sposa”, un film documentario che viola le leggi facendo rischiare a chi lo ha girato fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un rischio che Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, i tre registi, sono pronti ad assumersi: “Ventimila morti in frontiera nel Mediterraneo sono abbastanza per dire basta. Non sono vittime né del fato né della frontiera, ma di leggi alle quali è arrivato il momento di disobbedire. Abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi e aiutare anche una sola persona a uscire da quel mare di sangue ci fa sentire dalla parte del giusto”. Così è nata l’idea di girare un lungometraggio che potesse riportare l’attenzione sulla situazione dei clandestini che rischiano la vita per attraversare le frontiere. E non è un caso che tra le menti all’origine di tutto ci sia lo stesso Del Grande, giornalista indipendente diventato famoso perché nel 2006 ha creato Fortress Europe, osservatorio online indipendente che registra le morti degli immigrati che cercano fortuna in Europa. 

Quando i registi hanno deciso di aiutare cinque ragazzi in fuga dall’orrore siriano a raggiungere Stoccolma, l’hanno fatto realizzando questo film documentario, con l’obiettivo di farne un manifesto su come “il Mediterraneo non sia soltanto un cimitero, ma possa ancora essere il mare che ci unisce”. L’idea di base, nata quasi per gioco, è stata proprio quella di inscenare un finto matrimonio, perché alla fine nessun poliziotto di frontiera si sognerebbe mai di impedire a una sposa di raggiungere l’altare. Così i tre hanno chiamato Tesnim, un’amica palestinese che “era perfetta per il film”, hanno “girato in lungo e in largo per Milano alla ricerca di un parrucchiere che tirasse a lucido le acconciature dei cinque sbarcati solo due settimane prima a Lampedusa” e all’alba del 14 Novembre 2013 si sono dati appuntamento alla stazione di Milano.

23 tra ragazzi e ragazze, amici italiani, palestinesi e siriani, vestiti di tutto punto come se davvero stessero andando a un matrimonio. Chi con i documenti, chi senza. Ventitre, pronti a viaggiare per l’Europa: sei giorni da Milano a Stoccolma narrati in presa diretta, un corteo nuziale itinerante arrivato a destinazione.

Per portare a termine il film e presentarlo in tempo al festival di Venezia, il prossimo settembre, i tre registi hanno dato vita a una raccolta fondi attraverso il crowdfunding: si può sostenere il progetto con cifre che vanno dai due ai 100 euro. Il fine di Augugliaro, Al Nassiry e Del Grande non è solo quello di portare a termine i lavori di produzione e post-produzione, ma anche e soprattutto quello di creare una comunità di persone che “stiano con la sposa”: “E’ un rischio folle quello che ci stiamo prendendo. Ma vogliamo credere che esista una comunità di persone, in Europa e nel Mediterraneo, che come noi sognano che questo mare smetta di ingoiare le vite dei suoi viaggiatori e torni a essere un mare di pace”.

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