Il 2014 è cominciato malissimo per i negozi italiani. Mentre tutti sperano nella “svolta buona” di Matteo Renzi, arrivano i dati dei primi due mesi dell’anno che specialmente per il commercio sono molto pesanti. Mercoledì 12 marzo infatti la Confesercenti ha rilasciato le cifre di gennaio e febbraio, che segnano un vero e proprio bagno di sangue. L’associazione mostra come nei primi due mesi dell’anno nel commercio si sono chiuse ben 29.000 attività, mentre le aperture di nuovi negozi sono state soltanto 11.413. Il dato peggiore riguarda la capitale, Roma, con un saldo negativo di 682 attività; a ruota, seguono Torino (-425) e Milano (-297).

Si tratta dei peggiori dati da quaranta anni a questa parte, e confermano il trend negativo dei consumi registrato nel 2013: l’anno scorso infatti le famiglie avevano registrato un -2,1 per cento dei consumi con il risultato peggiore nella storia delle statistiche italiane. Adesso si spera molto nei famosi “cento euro”, anche se in realtà saranno circa ottanta, a finire nelle tasche degli italiani secondo l’annuncio dato dal premier Matteo Renzi.

Quanti di questi soldi si tradurranno in consumi? Considerando che non tutti questi soldi verranno spesi, ma una parte verrà risparmiata, e che una parte della spesa andrà in prodotti di importazione, e un’altra in sostituzione di altri beni, la domanda è: quanto inciderà il piano Renzi sui consumi italiani? E quanto questi saranno in grado di sostenere la ripresa? Se si utilizzasse il classico moltiplicatore keynesiano, che vede 1,5 punti di crescita per ogni punto di spesa, 10 miliardi – la cifra stanziata da Renzi – potrebbe portare a una crescita di 15 miliardi. Questo sulla carta. Bisogna vedere se gli italiani stremati da anni di austerità non incamereranno semplicemente questi 100 euro – pardon, 80 – per pagare le bollette o metterli sotto il materasso; in quel caso l’effetto sarebbe nullo. Perché, sempre come diceva l’economista inglese teorico della spesa pubblica, “non importa quanta acqua metti, se il cavallo non vuole bere non beve”. 

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