Matteo Renzi ci è simpatico perché non usa “ghirigori” e quando si tratta di rottamare vecchie cariatidi e premier in carica glielo dice in faccia: te ne devi andare.
Si narra di un Enrico Letta così traumatizzato dal colloquio con “Demolition man” (Financial Times) e dal successivo massacro a opera dei cari compagni Pd, che Pippo Civati lo ha paragonato alla povera giraffa dello zoo di Copenaghen, fatta a pezzi e data in pasto alle belve. Adesso però cominciano i problemi poiché, al momento, Matteo Demolition non può contare al Senato neppure sulla striminzita maggioranza della giraffa Enrico.
Infatti, Alfano in cambio dei voti Ncd chiede per sé una solida poltrona, mentre Renzi certe facce, compresa quella di Angelino, preferirebbe non averle intorno. Poi c’è Vendola che vorrebbe entrare, ma rischia di arrivarci con mezza Sel, che è come dire la scissione dell’atomo. Senza contare la pattuglia di ex grillini che agiscono in incognito con la maschera di Zorro, ma ben decisi a ottenere qualcosa. Non invidiamo Renzi quando, lui così insofferente e sbrigativo, sarà costretto a trattare con la destra del clan dei siciliani e a sorbirsi le pippe della sinistra narrativa. Dicono i bene informati che l’intenzione del nuovo premier è quella di durare il tempo necessario per l’approvazione della legge elettorale e poi andare rapidamente alle urne (si parla del prossimo ottobre). Auguri, anche perché Renzi rischia di finire sulla graticola a maggio se alle Europee il Pd dovesse stentare. Va bene una vita spericolata, ma stia attento a non fare lui stesso la fine della giraffa danese. E, soprattutto, a non farla fare agli italiani.
il Fatto Quotidiano 14 Febbraio 2014
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