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Vittime di mafia, nel nostro Natale non c’è niente da festeggiare

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Al contrario di ciò che dice il primo Ministro sono 20 anni che noi non mangiamo panettone.

Con una giustizia a metà per la strage che abbiamo subito, con la mancanza degli affetti più cari che sono morti sotto il tritolo stragista del 27 maggio 1993 nella città di Firenze, con la mancanza dell’applicazione di leggi che riguardano le vittime del terrorismo mafioso, la 206 del 2004, come potremo scartare e mangiare il dolce simbolo dell’Italia che funziona?

Berremo ancora una volta “fiele” che ci viene ogni giorno somministrato su di una piuma tanto per mitigarci l’amaro gusto.

Il tritolo del 27 maggio 1993 è ancora qui caldo e fumante sotto i nostri occhi , e non possiamo capire chi fa finta che ci sia di che essere ottimisti solo perché in questo Paese con l’aiuto di Salvatore Riina in troppi si sono sistemati i conti.

La caduta di stile del premier, perché questo ravvisiamo nel riferimento al panettone del 2014 e se siamo buoni anche del 2015, poteva essere evitata, poteva dire per esempio il primo ministro: ancora una volta andiamo tutti alla Messa di Natale ad accendere un cero.

Perché il panettone non ce lo possiamo permettere in molti e men che meno gli invalidi all’80% della capacità lavorativa di via dei Georgofili.

 

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