L’intervista del giudice Antonio Esposito a pochi giorni dalla condanna di Silvio Berlusconi è stata “particolarmente vistosa e inopportuna”, ma sarebbe “irragionevole” far derivare da “un unico episodio di esternazione” la misura “estrema” del suo trasferimento d’ufficio. Lo scrive la Prima Commissione del Csm nella delibera di otto pagine con la quale ha proposto l’archiviazione della pratica di trasferimento d’ufficio a carico del giudice, presidente del collegio che ha condannato in via definitiva Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset. Ora toccherà al plenum del Csm esprimersi sulla decisione che la Prima Commissione ha preso all’unanimità.

La toga era finita in una bufera mediatica perché accusata di aver anticipato in un’intervista al Mattino le motivazioni per le quali il collegio da lui presieduto ha condannato l’ex premier a quattro anni. In realtà a motivazioni depositate si era capito che quello del giudice con il giornalista era stato un discorso in termini generali. I supremi giudici infatti hanno motivato il verdetto di condanna non perché l’ex premier sapeva, ma perché considerato “ideatore” e “beneficiario” del sistema di frodi. 

Nella delibera della Prima Commissione si legge che “è sostenibile che la condotta del dott. Esposito possa assumere rilievo disciplinare, tenuto anche conto che le dichiarazioni sono state rese in relazione a un processo non ancora definito”. Secondo il vice presidente del Csm Michele Vietti, la commissione “non ha ravvisato gli estremi per un trasferimento d’ufficio del giudice Esposito, anche per non interferire con i profili disciplinari della vicenda che devono essere ancora valutati”. 

La commissione fa anche un esplicito richiamo all’invito rivolto dal capo dello Stato due anni fa ai giovani giudici che avevano appena vinto il concorso in magistratura: i magistrati non cedano a “fuorvianti esposizioni mediatiche”. In quell’occasione Napolitano chiese alle toghe anche di “ispirare le proprie condotte a criteri di misura e riservatezza, a non sentirsi investiti di improprie ed esorbitanti missioni, a non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono mettere in discussione la imparzialità dei singoli, dell’ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale”. Un appello che ora il Csm ripropone tutto intero.

La richiesta di archiviazione della Prima Commissione del Csm non è piaciuta al Pdl. Su Twitter Renato Brunetta parla di decisione “scontata, non avevamo alcun dubbio. Ai giudici tutto è permesso. Sono loro la vera casta”. Gli fa eco Raffaele Fitto: “Il Csm salomonicamente, come puntualmente fa in questi casi, ci ha spiegato che la pratica è archiviata: io mi chiedo in quale Paese c’è un magistrato che anticipa ai giornali i contenuti di una sentenza”.

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