Oggi sono usciti i tabelloni con i voti dell’esame di maturità dei miei studenti della quinta dell’istituto superiore professionale statale. Ma non si tratta di ragazzi. Hanno trenta, quaranta, cinquant’anni. Sono i miei studenti lavoratori.

Con un lavoro a tempo indeterminato o precario, con orario fisso o su turni rotanti e massacranti, single o padri di famiglia, hanno trovato la forza di seguire con impegno quotidiano le lezioni serali, di studiare in ogni momento libero, di preparare una tesina interdisciplinare di tutto rispetto, per conquistare un diploma il cui cammino avevano sospeso anni fa.

Una classe affiatata nonostante le differenze d’età e di curriculum. C’è il ventenne che ogni mattina si alza alle cinque per montare i banchi al mercato, il trentacinquenne che per lavoro macìna chilometri ed il nonno che solo dopo l’esame ci ha mostrato le foto dei suoi nipotini. C’è chi dopo un periodo d’assenza per lavoro ce l’ha messa tutta per recuperare il tempo perduto ottenendo un profitto crescente e chi, fra un turno e un libro e con il secondogenito in arrivo, periodicamente ha pure donato il sangue.

Ci sono i giovani compagni di banco inseparabili che hanno iniziato l’anno cedendo alle distrazioni, ma di fronte ai voti deludenti si sono impegnati per fare meglio. C’è chi, provenendo da un paese extracomunitario, ha dovuto superare le difficoltà linguistiche ancor prima di quelle della mia materia, davvero difficile, che è uscita come seconda prova con esiti soddisfacenti per tutti. C’è chi ha mostrato costante dedizione ed alla fine ha ottenuto il massimo dei voti senza regali e senza sconti, dando un eccezionale esempio ai propri figli.

Ma parecchi sono gli ottimi voti rispondenti all’impegno profuso, un impegno che si è accompagnato al rispetto e ad un approccio positivo e partecipe, alla volontà di apprendere, non solo di conseguire un buon punteggio.

Ho voluto scriverlo qui, cari studenti, perché penso meritiate un pubblico riconoscimento. In questo momento di crisi, voi e i vostri compagni e compagne delle altre classi serali della penisola rappresentate l’Italia migliore: l’Italia che vuole crescere, che investe ogni sua energia nel futuro, che lavora il doppio degli altri e che, pur avendo appena conseguito il diploma, può insegnare tanto a chi legifera e governa.

Alcuni fra voi mi hanno detto che ho avuto qualche merito didattico e sono riuscita a darvi sostegno morale nel corso dell’anno. Questo nonostante, per consentirvi di affrontare serenamente l’esame, abbia svolto un ampio programma e sia stata severa nelle valutazioni. Mi gratifica pensare che in qualche modo io abbia potuto fare la differenza, perché è il miglior complimento che si possa ricevere come persona e come insegnante. Penso anche agli altri colleghi che nel mio istituto e negli altri corsi serali d’Italia hanno profuso energie, entusiasmo e inventiva per far lezione a tarda sera ad allievi già esausti per la giornata di lavoro e con le difficoltà dovute alla mancata continuità scolastica.

E tutto questo non in un ambiente idilliaco, ma sentendo quotidianamente (noi e voi) e cercando di tamponare con un supplemento di impegno, gli effetti dei tagli all’organico e alle attrezzature dei laboratori scolastici effettuati dai politici di cui sopra. Lo ricordo non per polemica, ma per evidenziare un’ulteriore ostacolo che avete/abbiamo affrontato e per sottolineare il peso avuto dalla volontà personale nel raggiungimento del risultato.

Concludendo, cari “ragazzi”, vi dico (un po’ commossa) che ritengo un privilegio l’aver lavorato con voi quest’anno e vi auguro di raggiungere con piena soddisfazione gli ulteriori traguardi che vi siete prefissi. In bocca al lupo!

La prof

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