“Ma voi che siete uomini sotto il vento e le vele, non regalate terre promesse a chi non le mantiene”. Amarcord: era il 1978 quando Fabrizio De André scelse Rimini come metafora poetica della crisi d’identità di un’Italia che, stordita davanti al cadavere di Aldo Moro, assisteva inerme alla morte delle proprie speranze di riscatto morale, civile e politico.

Oggi l’impensabile e l’indicibile presentano il conto: «Il mio sangue ricadrà su di voi». Già… Dc, Psi e Pci non esistono più; il piano di rinascita democratica di Licio Gelli è realtà. Quotidianità. Ma la politica (e le elezioni) servono – servirebbero – a cambiare i piani. Compresi quelli edilizi. In questi 35 anni barlumi di speranza si sono accesi e, di tanto in tanto, si riaccendono. Qua e là, nonostante tutto. Non oggi. Democrazie sul baratro producono caos e smarrimenti, distruggendo fedi apparentemente incrollabili: crescita senza fine del proprio “benessere” (individuale, of course). Nodi al pettine strappano capelli e lacrime.

Di tutta la ricca e ottimista Emilia-Romagna, Rimini è la città-divertimentificio dove il Pd è stato punito più severamente. Forse per questo i democrats romagnoli sono i primi ad aver condiviso la necessità del “cambiamento” invocato da Bersani. Lo si può chiamare come si vuole. Istinto di sopravvivenza? Lucidità? Buon senso? Non ha molta importanza. C’è di mezzo il presente e il futuro (di tutti, non solo e non tanto del “Partito”). Cittadini in sofferenza rischiano di non aver più tempo né cuore per apprezzare i versi del poeta De André. Né per appassionarsi a diatribe politico-amministrative. Eppure il futuro passa anche di lì. Il baratro fa paura. Visto da un bagnasciuga ancora di più. Poco tempo per pensare, bisogna agire. Cambiare in corso d’opera è scelta insidiosa.

Il primo cittadino di Rimini dice di voler «fermare il milione e 200mila metri quadrati di nuove richieste di capacità edificatoria»? Apriti cielo. La bocciatura delle varianti urbanistiche di Santa Giustina (un piano in più per sei nuove palazzine) e Celle (4.800 metri di area commerciale, che passerebbero da ingrosso a dettaglio) scatena le ire di destra e costruttori. «Nella zona Celle sarebbe utile, invece, riqualificare il Parco della Pace e l’area che separa i quartieri residenziali dal quartiere fieristico» dichiara Sara Donati, consigliera comunale Pd. E’ solo l’inizio del nuovo corso. Altre varianti, come quella di Rivabella, finiscono nel mirino: altri gas di scarico in un’area a 200 metri dal mare e dall’alveo del fiume Marecchia. Chi pensa a un cambiamento senza conseguenze si sbaglia. I guai cominciano quando, per dirla con Bersani, ci si assumono responsabilità. Al freddo di un inverno e di una crisi che non smettono di coprire il sole, l’attualità oppone le ustioni della querelle urbanistica. Sale sulle ferite dei costruttori, affari d’oro per i loro uffici legali. Partono denunce penali: abuso e omissione d’ufficio. E intimidazioni. Le solite consorterie non tollerano l’affronto. E’ l’altra faccia della “legalità”: guai a chi tocca i piani regolatori. «Fino a quando la saraghina si accompagnava al mattone, nessuno ha mai aperto bocca», s’arrabbia il capogruppo Pd Marco Agosta. Nella maggioranza, però, non mancano contrasti: renziani e Idv tentennano.

Andrea Gnassi, classe 1969, non assomiglia a Bersani. Meno anni, più capelli. Ancor meno a Renzi. Anzi. Già aggredito da destra con l’accusa di “lavorare per Grillo” (ben prima dello tsunami elettorale di febbraio), oggi anche i renziani sembrano voler togliere vento alle vele della sua giunta. Intanto i cittadini-consiglieri a 5 stelle recitano, qui come a Roma, la parte di Ponzio Pilato – “Nessun inciucio con questo sindaco!” – restando seduti sulla riva di fogne che inquinano la riviera ma portano voti. Guai a sporcarsi le mani. Il sindaco quarantenne sembra aver capito che non è più tempo per atteggiamenti remissivi. O la va o la spacca: «Non mi troverei a mio agio nella parte di chi, come il mio collega di Parma, dopo una campagna elettorale fiammeggiante ha alzato le mani davanti all’inceneritore acceso, dicendo “non potevo fare altro”. A Rimini e in Emilia Romagna, sull’urbanistica non basta più dirsi riformisti, occorre una determinazione più alta e soprattutto più coraggiosa». Chapeau. Alzi la mano chi non è d’accordo. Eppure c’è chi le mani preferisce tenerle in tasca. E’ il caso del consigliere renziano Samuele Zerbini, ex assessore alle politiche educative nella precedente giunta, uscito dall’aula al momento del voto sulle varianti. Rottamare (il partito) va bene, cambiare “rotta” meno. E intanto il sindaco di Firenze scalda i motori annunciando il suo ritorno negli studi Mediaset, ospite di Maria De Filippi.

Mare in tempesta. Curiosa unità d’intenti tra destra, “poteri forti”, rottamatori e paladini anticasta. Ostacolo insormontabile? Vedremo. La storia, dicevamo, riserva sorprese e coltiva nuove speranze. Nel 1588 la disfatta della Invencible Armada insegnò a Filippo II che Dio non sta sempre dalla parte dei più ortodossi. Ancora De André: “Per un triste Re Cattolico – le dice – ho inventato un regno e lui lo ha macellato su una croce di legno”. A volte i miracoli accadono. Nel dubbio, non solo a Rimini, c’è chi ha cominciato a pregare. In attesa della resurrezione. Buona Pasqua.

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