In questi mesi ho lasciato in pace Mario “Handy Manny” Monti perché volevo vedere fin dove sarebbe arrivato. Purtroppo devo dire che il mio ultimo intervento (L’economia del rasta) è stato tristemente profetico. L’atteggiamento di fondo del governo “tecnico” mi ricorda gli eventi narrati in una famosa barzelletta in cui un tipo che si trova a passare in un cimitero, a un certo punto, vicino a una lapide, vede una mano sbucare dal terreno. Si ferma incuriosito e sente una voce che implora: “Aiuto! Mi hanno seppellito vivo!”. Immediatamente lui schiaccia la mano col piede, la spinge nuovamente sottoterra e continuando a picchiettare le zolle dice: “Si, e anche male”.

Il fatto positivo che tutti riconoscono al signor Monti, sarebbe la rivalutazione dell’immagine dell’Italia all’estero. Ti piace vincere facile eh? Per far questo bastava sostituire il Premier burlesque con mia nonna Natalina; sarebbe costata meno, lo spread si sarebbe abbassato comunque e state pur certi che – come fece ogni giorno in tempo di guerra – avrebbe aiutato e non massacrato le persone in difficoltà. Una cosa è certa, sicuramente avrebbe aumentato e non diminuito le pensioni. Ma per questo motivo sarebbe stata accusata di avere un conflitto di interesse.

Detto questo potrei aver detto tutto. Cosa posso aggiungere a un’evidenza? Tra suicidi e gente che morirà d’inedia sotto i ponti, se va avanti così, tra non molto avremo uno Stato con i conti in ordine, ma disabitato. E’ pura economia: la morte dei pensionati non solo farà rifiatare le casse dello stato, ma aumenterà il PIL grazie ai funerali. Due piccioni con una fava…

Non aggiungo altro. Sarebbe solo un elenco di insulti in stile Fabio Fazio. 

Colgo invece l’occasione per tentare di allargare la visuale e proporre qualche spunto di dibattito. 

C’è stato un momento in cui si usavano molto parole come “alternativa” e “controcultura”.

Queste parole facevano un po’ paura, ma recintavano un’area culturale che generava una possibilità: permetteva di pensare in modo differente, obliquo, insolito. Non si aveva paura di pensare altrove e si poteva trovare il coraggio di dire cose tipo “Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri” (Gaber). 

Poi – dopo il crollo del Muro di Berlino – è arrivato il momento di cestinare questi concetti, considerati obsoleti, nostalgici e ideologici, per fare spazio alla “morte delle ideologie” che ha preceduto di poco l’avvento del “pensiero unico”. Nacque così l’idea del “primato dell’economia”, che lungi dall’essere una “verità” (e tuttavia fatta passare per tale, con la complicità di una certa sinistra), era né più né meno che la nuova ideologia imperante. Nessuno si è opposto con veemenza a questa aberrazione, e chi lo ha fatto non ha avuto abbastanza forza da far sentire la sua voce. Del resto non c’era e non c’è spazio per “l’alternativa” in un sistema mediatico troppo preso nel promuovere Amici, Uomini e donne, C’è posta per te, L’isola dei famosi, La fattoria, Il grande fratello, X factor…secondo i ben noti meccanismi smascherati da Guy Debord ne “La società dello spettacolo”, più o meno alla fine degli anni 60, quindi abbastanza recentemente…

Ora, il pensiero unico è stata una genialata. Un nuovo dio, un nuovo dogma. Ma soprattutto perchè ha permesso a molti mononeuronici di avere la testa piena, secondo la semplice equazione unico neurone = unico pensiero. Molti si sono sentiti intelligenti e hanno votato i loro leader, eleggendoli, altri sono diventati direttori di giornali. Allineati e coperti. L’apice dell’evoluzione (o meglio, della regressione evolutiva) sono stati il “trota” e la Minetti. Quando si arriva a istituzionalizzare simili individui, vuol dire che la frutta sta per essere servita. Anzi, siamo già oltre la frutta, siamo all’alka seltzer.

E così ci siamo accontentati di essere “pragmatici”…di proporre soluzioni pratiche per ogni problema al di fuori di una logica generale. E il pragmatismo è finito per diventare sinonimo di “gestione machiavellica del potere”. Tutta la riflessione collaterale è venuta meno. O meglio, è venuto meno un rapporto tra chi ha continuato a pensare e a sviscerare le logiche generali (più filosofiche che politiche) e chi aveva la possibilità di metterle in pratica. La frase imperante è stata: “La politica si applica alla cosa pubblica e la cosa pubblica si gestisce con il buon senso, non è più tempo di filosofare…roba vecchia…”

Senonché, nel dibattito di questi giorni sul tracollo del PDL, sulla “tenuta” del PD, sulla “Foto di Vasto” e sull’esplosione dell’antipolitica (un concetto sbandierato in modo tristemente divertente, quindi grottesco) comincia a riemergere la necessità di una cosa ovvia e pertanto, di questi tempi, straordinaria: proporre un’idea sociale alternativa.

Nooo!!! Fantastico!!! Strepitoso!! Geniale!! Eppure è la cosa più elementare…

Per citare ancora una volta Gaber, verrebbe da dire “Maremma maiala il cielo è azzurro!” (spiego per chi non conoscesse questo capolavoro: la frase appena citata chiude il bellissimo monologo “Giotto da Bondone”. L’esclamazione è di Giotto che disegnando secondo i canoni di allora il cielo d’oro, non riusciva a capire che colore usare per farlo diversamente. Ce la mette tutta, si impegna al massimo, inventa di tutto, ma il cielo gli viene sempre d’oro. Il dramma si protrae fino a che un giorno Giotto fa la cosa più semplice: guarda il cielo e si accorge che è azzurro).

Michele Santoro, nella puntata di Servizio Pubblico del 10/05/12, durante il dibattito con Tremonti e Cofferati, ha espresso più o meno questo concetto “I partiti in Italia non hanno credibilità perché non esprimono chiaramente il loro pensiero”. E perché non lo fanno? Perché prima di tutto un pensiero deve esistere, e per esistere deve nascere…ma pensare costa fatica e soprattutto bisogna pensare che bisogna pensare…e non è facile pensarlo. Non basta più la lista della spesa (pragmatica) delle soluzioni più o meno raffazzonate e incoerenti, non basta avere una risposta a tutto se quel tutto non ha un senso.

E’ necessario elaborare e seguire una logica coerente, proponendo un modello alternativo di società alla faccia del pensiero unico, dei suoi teorici e dei suoi seguaci.

A tale proposito vi invito a seguire il dibattito su Scienza, scientismo e democrazia attualmente in essere sul sito www.fondazionedirittigenetici.it, a riscoprire criticamente senza pregiudizi e senza paure le tesi di fondo della sinistra attualmente “extraparlamentare” e a tenere d’occhio la metodologia dell’attività artigianale del Movimento 5 stelle. perché a parere mio, questa è roba buona e ne andrebbe studiata una sintesi che non può certo essere soltanto una mera alleanza elettorale che non avrebbe senso, ma che deve invece essere soprattutto elaborazione filosofica fondante. La sola protesta non basta, l’eterna opposizione non basta. Occorre pensare “nuovo” e nel frattempo fare scelte coraggiose

Utopia? Non credo. E’ solo la vecchia e cara “controcultura” che riemerge, in barba a Ronald Reagan e a Radio Londra. Io la chiamo “rifondazione filosofica” ed è il passo in più che ci serve. Se non facciamo questo salto, ci resterà solo una politica camuffata da “tecnica” o una politica asservita che la sorregge. Cambieranno le facce, ma il pensiero resterà lo stesso.

Articolo Precedente

Tre auto blu da tagliare subito

next
Articolo Successivo

L’Imu è democratica, la patrimoniale è demagogica

next