Come un sottofondo ingombrante, l’Eta irrompe anche se in modo invisibile nella pre-campagna elettorale spagnola, in vista delle consultazioni del 20 novembre.

Le voci di un possibile scioglimento dell’organizzazione militare stanno provocando degli echi che oltrepassano la realtà basca.

Oggi il consigliere del ministero dell’Interno, Rodolfo Ares, ha confermato che “sempre un maggior numero di detenuti di Eta reclama la fine delle attività terroristiche”.

Una dichiarazione che segue la diffusione di alcune conversazioni, intercettate dalle forze di sicurezza dello stato, all’interno delle carceri spagnole in cui si trovano i militanti di Eta.

“E’ già stato tutto deciso – ha detto poche settimane fa uno dei detenuti– non capisco cosa stiano aspettando”.

“Se siamo consapevoli che è tutto finito – dice un’ altra voce – basta è finito”. Un’altra aggiunge: “Se c’è qualcuno che vuole continuare, lo faccia. Ma non avrebbe senso perché non esiste più un appoggio sociale e non vale la pena creare un GRAPO”. Il riferimento è ai Gruppi di Resistenza Antifascisti Primo Ottobre (GRAPO), nati nel ’75 ancora sotto la dittatura di Franco, e scissi dopo varie azioni in diversi gruppuscoli.

Secondo i servizi d’informazione antiterrorismo e della Guardia Civil le considerazioni dei detenuti arrivano dopo le ultime mosse fatte dai vertici ancora in azione sul campo. Non ci sarebbe stato da parte dei detenuti alcun contatto con l’esterno.

Si tratta quindi di un’attenta lettura delle attività di Eta, a questo punto pronta ad annunciare lo scioglimento dell’organizzazione per poi imbracciare unicamente la via politica.

Una svolta storica, che giunge dopo una serie di passi decisivi realizzati negli ultimi anni dall’organizzazione basca. Il primo è stato il rispetto della tregua “generale e permanente” annunciata lo scorso gennaio. L’ultimo attentato di Eta risale all’agosto del 2009, con l’esplosione a Palma di Maiorca di quattro bombe che non causarono vittime. L’altro passo è stato la cancellazione della cosiddetta “imposta rivoluzionaria”, una delle principali fonti di reddito dell’organizzazione. Ad aprile Eta ha dato l’annuncio inviando direttamente alcune lettere alle principali organizzazioni imprenditoriali dei Paesi Baschi e di Navarra, come Confebask e CEN.

A queste decisioni si aggiungono inoltre gli arresti dei militanti e di parte delle strutture di comando sia in Spagna sia in Francia. I detenuti sono arrivati in otto anni a quota 733. Ma probabilmente l’elemento chiave della possibile svolta di Eta, è l’ascesa di Bildu. Il partito della sinistra abertzale (composto dalle formazioni EA e Altenativa), indipendentista e pacifista, ha fatto il pieno di voti nei Paesi Baschi nelle municipali dello scorso 20 maggio, tanto che sempre dalle conversazioni dei detenuti si sottolinea in riferimento al necessario rifiuto della violenza che: “Se c’era qualche dubbio, è stato confermato dalle elezioni…lo ha deciso la società basca”.

Uno dei rappresentati più influenti di Bildu è certamente il presidente della provincia di Gipuzkoa Martin Garitano, che non senza un seguito di polemiche ad ogni sua presa di posizione, dice di voler portare la pacificazione nella regione. “Da quando è arrivato Bildu al potere – ha detto Garitano – Euskadi vive una nuova era. Anche se c’è ancora tanta sofferenza”.

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