La crisi economica e finanziaria dell’Irlanda ha fatto emergere alcune delle contraddizioni strutturali di questo paese, ma ha anche fatto tirare fuori gli artigli alla tigre celtica, che non vuole accettare passivamente la sconfitta.

E quale ricetta è stata trovata per rilanciare l’economia nazionale? Potrebbe sembrare assurdo per un lettore italiano eppure è così: la soluzione è stata quella di investire nella ricerca scientifica avanzata e progettare un futuro di sviluppo tecnologico per il paese.

Per capire come funziona il sistema irlandese, sono andato a visitare il Tyndall National Institute, il più grande istituto di ricerca del paese. Ci lavorano più o meno 435 persone, tra ricercatori, ingegneri, tecnici e staff di supporto. Sono presenti circa 80 diverse nazionalità e l’organico cresce al ritmo del 10% annuo. Non mancano naturalmente gli italiani, che allo stato attuale sono circa una trentina.

Moltissimi sono giovani e tre di loro, neanche quarantenni, sono a capo di specifici dipartimenti di ricerca. Lo scopo dell’istituto è studiare e creare tecnologie e applicazioni “dall’atomo fino al sistema”, ovvero dalla teoria pura e dalla ricerca sperimentale fino a prodotti funzionanti e brevetti spendibili sul mercato. Alcuni esempi: nuovi laser, processori di spessore infinitesimale, componenti di micro – e nano – elettronica, rilevatori biomedici che possano evitare l’ospedalizzazione dei pazienti, sistemi radar miniaturizzati con applicazioni per la sicurezza, il monitoraggio ambientale e la medicina.

Il Tyndall è sostenuto attivamente dallo stato irlandese, che anche quest’anno e nonostante la crisi (anzi, a causa della crisi) ha puntato sulle nuove tecnologie come cardine del proprio sviluppo economico. Forte degli investimenti fatti in termini di “intelligenze”, il Tyndall è l’istituto europeo numero uno per pubblicazioni scientifiche, in relazione al numero di ricercatori, e molti suoi progetti vengono finanziati direttamente dall’Unione Europea, segno di come l’eccellenza possa venire sostenuta anche a livello comunitario.

Ma non sono solo soldi pubblici quelli che muovono la ricerca irlandese. Allo stato attuale ci sono oltre 300 imprese private che qui investono i propri capitali in progetti di ricerca e cooperazioni scientifiche. Me lo faccio ripetere un paio di volte: ho sentito bene, sono proprio trecento imprese solo per questo istituto. Tra le multinazionali più importanti c’è ad esempio Intel, che realizzerà i microprocessori del futuro impiegando transistor recentemente sviluppati proprio dagli studiosi del Tyndall.

Il mio tour nel “paese delle meraviglie” giunge al termine. Mi vedono allibito e mi spiegano che la Repubblica d’Irlanda ha un piano strategico di sviluppo nazionale, in cui l’innovazione tecnologica e la creazione della cosiddetta “economia della conoscenza” hanno un ruolo centrale. Inutile spiegare che noi, in Italia, quelle cose lì proprio non ce le abbiamo.

di Mauro Longo, giornalista freelance, Cork (Repubblica d’Irlanda)

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