Può un ministro della Repubblica confondere le parole dell’inno nazionale con una canzone fascista degli anni venti? Ovviamente, nel paese delle libertà, può. Senza creare scandalo, figuriamoci una lettera di dimissioni. E dire che la povera Giorgia Meloni è stato uno dei pochi ministri pidiellini a scendere in campo contro la deriva leghista sulla festa dell’Unità d’Italia. Ma la bontà delle intenzioni non basta. Dietro il carattere battagliero sfoderato nella polemica contro il Carroccio, si cela un’ignoranza da brivido.

A gettare la maschera è il mini-quiz di “Niente di Personale”, in onda ieri sera su La 7, il classico giochino di politica-divertissement in cui il parlamentare di turno fa di tutto per risultare simpatico ai telespettatori (spesso con risultati impietosi). Se non fosse un ministro della Repubblica, la performance della Meloni avrebbe suscitato tenerezza. Vedere l’espressione finto-sorridente d’ordinanza mutarsi in uno sguardo sinceramente meditabondo quando l’intervistatore chiede “qual è il capoluogo della Basilicata?” e lei risponde “Matera”, commuoverebbe anche i cuori più rocciosi.

I tre minuti e venti di intervista sono una carrellata di incompetenze e sguardi persi nel vuoto. Passi per la giustificabile ignoranza sull’ultimo disco di Morgan o per l’errore sull’allenatore della nazionale di calcio under 21, ma l’ex vicepresidente della Camera scivola drammaticamente sul numero dei membri del Csm (27 anziché 21).

La gaffe più dolorosa per la Meloni è senza dubbio quella sull’inno d’Italia. “Quale di questi è un verso del nostro inno nazionale?”, chiede il conduttore del programma, Antonello Piroso. Una risposta fin troppo scontata per chi, come il ministro della Gioventù, si è speso pubblicamente perché il Canto di Mameli diventasse inno ufficiale anche per legge. E invece no. Anziché scegliere l’opzione corretta (“Già l’aquila d’Austria ha le penne perdute”, recitata poco più di una settimana fa da Benigni a Sanremo), il ministro vira su “la vision dell’Alighier oggi brilla in tutti i cuor”, secondo verso di “Giovinezza”, inno ufficiale degli Squadristi fascisti del 1919 e poi inno trionfale del Partito Nazionale Fascista nel ’24.

L’imitatrice della Dandini prenda appunti, perché il finale dell’intervista è un capolavoro. Accortasi dell’abbaglio, la Meloni si lancia in un accorato appello per convincere Piroso a tagliare la domanda. In pieno maccheroni style la ministra supplica il conduttore con le mani congiunte: “No, quella sull’inno, no”, è la disperata richiesta per salvare la faccia, “Ve prego ragazzi, me fate lincià.

Corsi e ricorsi della beffa politica. Proprio lei, gran cerimoniera di Atreju – il ritrovo annuale dei giovani di centrodestra – dove i ragazzi di An si divertivano a gabbare i big della politica nazionale (celebre la domanda sull’inesistente “Borgata Pinarelli” rifilata all’allora sindaco di Roma Veltroni, o la richiesta di solidarietà per l’immaginario popolo kaziro fatta a Gianfranco Fini ai tempi della Farnesina) si è trovata sbeffeggiata dalle domande di un quiz televisivo.

E allora lanciamo una proposta: per far fare al ministro un ripasso di storia e geografia (sull’Italiano siamo rassegnati) il 17 marzo almeno una scuola lasciatela aperta. Ovviamente a Matera, capoluogo della Basilicata.

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