Il gatto sta male, una maestra chiede il permesso di assentarsi dalla scuola per portarlo dal veterinario, ma il preside dice di no. Questo mentre fioriscono in Parlamento norme importanti a tutela degli animali. Per il sindacato il veto del dirigente scolastico è abuso di potere. Un caso paradossale che si verifica in un plesso dell’Istituto comprensivo di Cisliano, in provincia di Milano. “Si prevede fino a un anno di reclusione per chi abbandona gli animali – protesta Pippo Frisone, sindacalista della Cgil scuola -. E non sarebbe abbandono di animale se il gatto non fosse curato?”. Comunque, sempre secondo il sindacalista, il preside non poteva negare il permesso richiesto.

“Il contratto nazionale del lavoro – spiega Frisone – all’art.15 prevede al comma 2, il diritto per il dipendente a 3 giorni di permessi retribuiti per motivi personali, documentati anche mediante autocertificazione. Nonostante non rientri nei poteri del dirigente scolastico indagare sulla motivazioni personali, la richiesta viene respinta. Possono piacere o non piacere le motivazioni, ma resta indiscusso il diritto della dipendente a chiedere un permesso retribuito per motivi personali, motivi che sicuramente per la richiedente assumevano molta importanza”.

La maestra vive sola, con tre gatti. Sono la sua compagnia. Per Pippo Frisone la maestra va tutelata: “Siamo in un Paese che considera reato il maltrattamento e l’abbandono degli animali (Legge n.189/04 ) e che ha introdotto persino nel nuovo Codice Stradale in ottemperanza al trattato U.E., il diritto-dovere di soccorrere gli animali, ai quali per la prima volta viene riconosciuto lo status di “esseri senzienti”, capaci cioè di provare gioa e dolore. Nella scuola no. Il diritto-dovere di soccorrere e aiutare il proprio gatto, bisognoso di urgenti cure, viene inspiegabilmente negato. Per ignoranza o per un malinteso senso del dovere, quel gatto poteva essere abbandonato a se stesso e al suo dolore”.

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