Attueremo i risultati del referendum”. Ha parlato così, ribadendo la linea del proprio governo in un video-messaggio trasmesso in serata dalle tv, Carles Puigdemont, il presidente della Catalogna che il 1° ottobre ha votato a favore dell’indipendenza dalla Spagna. Il re “ha deluso tante persone in Catalogna, che in diversi momenti sono state al suo fianco – ha esordito il presidente della Generalitat, riferendosi al discorso con cui martedì sera Felipe VI ha accusato di slealtà le autorità di Barcellona – non ha parlato dei catalani che sono stati vittime della brutalità della polizia” e “avrebbe avuto l’opportunità per rivolgersi a tutti i cittadini, che dovrebbe rispettare tutti”, invece “ha deciso di semplicemente sostenere il governo spagnolo”. “Il mio governo sarà sempre impegnato a favore della pace. Ora occorre una mediazione – ha proseguito Puigdemont – oggi siamo più vicino al nostro sogno”.

In giornata, ai microfoni della Bbc, il governatore aveva anticipato che “a giorni” si terrà l’atto di proclamazione unilaterale d’indipendenza della regione, dove ieri sono scese in piazza centinaia di migliaia di persone per protestare contro le violenze della polizia spagnola durante la consultazione di domenica. Una richiesta che Madrid esclude categoricamente di esaudire, così come il dialogo con chi “non rispetta lo stesso statuto di autonomia catalano”. “Agiremo alla fine della settimana o all’inizio della prossima”, ha detto il capo del governo locale, aggiungendo di non avere ora canali di comunicazioni con Madrid e avvertendo che “sarebbe un errore tale da cambiare tutto” se il governo Rajoy cercasse d’assumere il controllo diretto della Catalogna. I partiti indipendentisti catalani Junts Pel Si e Cup hanno chiesto che la discussione in Parlamento per discutere l’indipendenza si tenga lunedì, giorno in cui si “proclamerà l’indipendenza e la Repubblica catalana”, ha affermato la deputata Mireia Boya, riconoscendo tuttavia che non c’è accordo su questo punto.

Duro anche il giudizio del portavoce della Generalitat Jordi Turull, che ha definito il discorso di Felipe “spaventoso e un errore da tutti i punti di vista”. Per Turull il re si è fatto “portavoce della strategia” del premier Mariano Rajoy, pronunciando parole di “enorme irresponsabilità” che hanno portato a pensare che ora è “repubblica o repubblica” mentre sempre più catalani “vogliono andarsene”. E ha sottolineato che il re non ha neppure pronunciato la parola dialogo e non ha fatto alcun accenno alle cariche della polizia, ignorando inoltre la “enorme mobilitazione” al referendum. Inoltre, ha insistito sul fatto che le azioni della polizia sono state “assolutamente sproporzionate”. Il discorso del re, per il portavoce catalano, “versa altra benzina sul fuoco”.

Cosa che rischia di fare anche l’iniziativa del leader del Partito popolare di Catalogna, Xavier García Albiol, che per domenica ha invocato una “massiccia” mobilitazione dei catalani non indipendentisti a Barcellona. Lo scopo: scendere in strada “in difesa della democrazia e della libertà”. La Societat Civil Catalana, associazione locale contraria all’indipendentismo, ha convocato per domenica 8 ottobre alle 12 una manifestazione a piazza Urquinaona con lo slogan: ‘Prou! Recuperem el seny‘, cioé ‘Basta! Recuperiamo il senno‘.

Per parte sua, il governo spagnolo valuta eventuali risposte legali. Tra queste, spiegano fonti del governo di Madrid, che sottolineano di avere finora agito in maniera proporzionata e legale, anche l’attivazione dell’articolo 155 della costituzione spagnola e l’eventuale sospensione dell’autonomia regionale catalana. Dal governo si dicono anche “fiduciosi” che la Commissione europea sosterrà le posizioni di Madrid.

Il significato del discorso del Re – Apre la strada all’applicazione da parte del governo di Madrid dell’art.155 della Costituzione spagnola che consente di sospendere le competenze della Generalità. Lo ritiene la stampa catalana. “Felipe VI apre la porta all’intervento sull’autogoverno” titola El Punt Avui. “Art. 155 in vista”, è il titolo di La Vanguardia, e Ara scrive che “il re legittima l’applicazione da parte di Rajoy dell’articolo 155”. Questa norma della costituzione, rileva Punt Avui, la cui applicazione deve essere approvata dal senato di Madrid controllato dal Pp del premier Mariano Rajoy, prevede la sospensione parziale o totale delle competenze del governo catalano. Potrebbe fra l’altro permettere a Madrid di prendere il controllo della polizia regionale i Mossos d’Esquadra, convocare elezioni anticipate, o anche esautorare il presidente Carles Puigdemont

Il capo dei Mossos indagato per sedizione – Intanto Josep Lluis Trapero, il capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, è stato convocato in tribunale con l’accusa di sedizione per non essere intervenuto per controllare nei giorni scorsi una manifestazione di fronte al Dipartimento dell’economia a Barcellona. Secondo la Vanguardia online, Trapero rischia tra i quattro e gli otto anni di carcere. È stata la giudice della Audiencia Nacional, Carmen Lamela, a firmare il mandato di comparizione, dopo la denuncia inoltrata dalla procura generale dello Stato perché i Mossos non avevano affiancato la Guardia Civil in una operazione di polizia per frenare i preparativi del referendum sull’indipendenza del primo ottobre, giudicato illegale da Madrid. Sono stati convocati inoltre una collaboratrice dello stesso Trapero, Teresa Laplana. Sono sotto inchiesta anche Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, presidenti dell’Assemblea nazionale catalana e di Omnium Cultural.

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