Voleva abolire l’intero Senato ma deve accontentarsi dei mini-gruppi alla Camera. Renzi prova a rimettersi i panni del rottamatore della Casta, ma è così fuori allenamento che gli va male e finisce col darsi la zappa sui piedi. Non da solo però, con una spinta della presidente Laura Boldrini che ricorda al segretario del Pd che il suo partito può cancellare “cespugli” approvando l’apposita riforma  del regolamento di Montecitorio in discussione ormai dal 2013. “Basta un sì” conclude con ironia riciclando lo slogan di Renzi nella campagna referendaria. Dopo tre anni di governo e una riforma costituzionale fallita – che tra l’altro non toccava neppure l’argomento – nel mirino del segretario Pd finiscono i gruppi parlamentari sotto la soglia dei 20 deputati, che – dice Renzi – “alimentano le spese della Camera e la frammentazione politica”. L’uscita è un po’ a freddo ma va sul sicuro: questa legislatura detiene il record dei cespugli con ben 12 gruppi, ciascuno abilitato a caricare sul bilancio del Palazzo i costi dell’ufficio legislativo e dell’ufficio comunicazione, rimborsi per convegni e quant’altro.

Il regolamento parla chiaro: il gruppo si fa con un minimo di 20 deputati e se vengono meno decade automaticamente insieme alle ricche prebende. Teoricamente però, perché l’eccezione alla regola è sempre in agguato. E infatti solo sei forze sono in regola: il Pd (con 238 membri), M5s con 91, Forza Italia (50), gruppo Misto (47), Articolo 1-Mdp (40), e Alternativa popolare (26). Poi c’è l’altra metà del Parlamento, gli altri sei gruppi parlamentari con meno di 20 membri: Lega Nord (con 19), Sinistra Italiana-Sel-Possibile (17), Civici e innovatori cioè gli ex Scelta Civica (16), Scelta civica-Ala-Maie cioè in maggioranza i verdiniani (16), Democrazia solidale-Centro democratico cioè Bruno Tabacci ed altri centristi (14) e infine Fratelli d’Italia (11). Per di più 3 di questi gruppi sono l’unione di 2 o 3 diverse componenti. Esistono, si organizzano e spendono grazie comma 2 dell’articolo 14 del regolamento di Montecitorio. Un cavillo che consente all’Ufficio di presidenza di autorizzare il mini-gruppo “purché rappresenti un partito organizzato nel Paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno venti collegi, proprie liste di candidati, le quali abbiano ottenuto almeno un quoziente in un collegio ed una cifra elettorale nazionale di almeno 300mila voti di lista validi”.

Il richiamo di Renzi alle troppe eccezioni coglie dunque nel segno di un problema reale e noto, ma va a sbattere contro la porta della Presidenza della Camera per poi tornare indietro, ma con il carico. A stretto giro la Boldrini replica infatti all’uscita ricordando a Renzi un dettaglio: per mettere fine ai cespugli è necessario e sufficiente un sì in Ufficio di presidenza, dove la maggioranza che fa capo proprio al Pd ha il suo peso, giacché la presidente non vota. Da qui l’invito-stoccata all’ex premier: “Ora che la legislatura ha ancora qualche mese di lavoro, sarei ben felice che i gruppi manifestassero l’esigenza di riprendere la proposta di riforma già elaborata, affinché possa essere portata in aula. Il segretario Renzi, che è alla testa della forza politica di gran lunga più rappresentata alla Camera, può dare un contributo rilevante per risolvere la questione. Basta un sì“.

Non solo. Boldrini ricorda a Renzi che proprio la sua maggioranza ha perso l’occasione d’oro di tagliare per sempre i cespugli. “Il problema di una disciplina più restrittiva esiste, ed infatti è uno dei capitoli della riforma del regolamento della Camera da me voluta e sulla quale l’apposita giunta di Montecitorio ha lavorato in modo intenso già a partire dal maggio 2013 e per tutta la prima parte della legislatura: i testi elaborati prevedono, tra l’altro, proprio il divieto assoluto di costituire gruppi al di sotto delle 20 unità. Ma la riforma del regolamento è stata accantonata, su scelta dei gruppi maggiori, in attesa che si completasse l’iter della riforma costituzionale e dopo il referendum del 4 dicembre nessun gruppo tra i maggiori ha indicato in cima alle sue priorità la ripresa del lavoro su questo tema”.

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