“Vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, il Pd“. “Se Di Maio e il M5s fanno sul serio, è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa”. Le prove di dialogo, raro e quasi inedito, sono sulla legge elettorale, “le regole del gioco” come le chiama il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio e Matteo Richetti gli risponde che loro sono “pronti” per fare presto. Ma non solo soli: si infila anche Silvio Berlusconi che aggiunge che si potrà fare una nuova legge elettorale in tempi ragionevoli perché “in fondo conviene a tutti”.  Certo, sembra un po’ di sentir parlare del cavallo bianco di Napoleone: se ci state, noi ci stiamo, dicono da una parte e dall’altra. Ma come sanno anche le pareti eleganti di Montecitorio, una commissione della Camera si sta riunendo ormai da oltre 4 mesi per parlare di legge elettorale, quindi si potrebbe cominciare a discuterne davvero e non solo con dichiarazioni su giornali, agenzie, comunicati.

Il rilancio della trattativa può ora avere più terreno da coltivare dopo la fine del congresso del Pd e la definizione chiara di una linea. Questo in teoria, perché in pratica, appena ieri, il segretario Matteo Renzi alla prima assemblea del suo nuovo mandato ha ripetuto che anche sulla legge elettorale ora “tocca a chi ha sostenuto il No”. Tesi un po’ complicata mentre il Pd che è partito di maggioranza relativa sia alla Camera che al Senato.

E anche nei contatti a distanza tra Di Maio e Richetti di merito si parla poco (mentre la Camera ha già calendarizzato la discussione in Aula il 29 di questo mese, cioè tra meno di 3 settimane) e l’orizzonte sembra ancora lontano. Su una cosa sono d’accordo i due dirigenti dei due partiti: dovrà essere una legge che eviti “inciuci” (Di Maio) e “garantica governabilità” (Richetti). Berlusconi ribadisce un suo chiodo fisso: il nuovo sistema deve portare a una maggioranza che rappresenti effettivamente la maggioranza degli elettori mentre il sistema maggioritario come è stato concepito porta al fatto e alla possibilità che una minoranza possa governare contro la maggioranza degli elettori. Il che mi sembra non sia democrazia”.

Dice Di Maio intervistato da Rtl che il dialogo col Pd bisogna tentarlo “per due ragioni: c’è stato l’appello di Mattarella che chiede di fare una legge elettorale in modo che ci sia una chiarezza sul risultato dopo le prossime elezioni e poi il Paese è in grave crisi e non possiamo permetterci nuove elezioni politiche in cui ancora una volta si partorisce un risultato incerto che porta ad eventuali inciuci ed eventuali grandi ammucchiate, per questo abbiamo fatto una proposta a Renzi e al Pd”. Risponde Richetti: “Se Di Maio e il M5S fanno sul serio e sono pronti ad assumersi fino in fondo la responsabilità di una legge elettorale condivisa, è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa. L’importante è che l’impostazione, anche per le liste, conservi un impianto maggioritario e che garantisca governabilità come chiesto da Renzi. Nessun ritorno a logiche da ‘proporzionale’ e restituzione di un risultato chiaro rispetto alle scelte dei cittadini. Su questo siamo pronti ad un lavoro responsabile e proficuo”.

Qual è la proposta del M5s? Questa: partire dal Legalicum (cioè l’Italicum modificato dalla Consulta) e aprire ad un dialogo nel luogo deputato, la commissione Affari costituzionali. “Al Pd, dunque, confermiamo la nostra totale disponibilità e a tal fine prendiamo atto dell’ultima proposta ufficiale del Pd depositata in Parlamento, in data 13 marzo 2017, a prima firma Fragomeli e sulla base di questo testo, e del Legalicum proposto dal M5S, cerchiamo di trovare una sintesi in commissione”. La proposta di legge che ha come primo firmatario Gianmarco Fragomeli, deputato lombardo del Pd, prevede di “mantenere una connotazione
maggioritaria del sistema elettorale”. I punti principali sono: riduzione della soglia per l’assegnazione del premio di maggioranza del 52 per cento dei seggi al raggiungimento del 37 per cento dei voti; allargamento del ballottaggio a tutte le liste che superino il 20 per cento; quorum di validità al secondo turno (50 per cento più uno degli aventi diritto). La soglia di sbarramento, infine, è al 3 per cento. “L’unica cosa che io non toccherei – chiarisce Di Maio – è il premio alla lista, perché se cominciamo a fare il premio alla coalizione finiamo per fare come Prodi con Mastella o Berlusconi con Fini che poi si sfilano i vari partiti interni e diventa un disastro”.

E infatti la conclusione qual è? “Ci sarà una proposta di legge – dice Emanuele Fiano (Pd) a Tagadà – avanzata dal presidente (di commissione, ndr) Mazziotti e lo farà dopo un ciclo di incontri, noi credo lo vediamo domani. Giovedì presenterà il testo base che avrà raccolto il maggior numero di consensi, non è del Pd o M5s, è il testo del relatore che farà la sintesi”. Resta da capire se il ritmo della commissione a quel punto sarà quello registrato finora – cioè uno all’ora – o se ci sarà un’accelerazione. Il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato conferma: “Nell’inerzia di tutti partiti che hanno detto solo no, giovedì arriverà senz’altro un testo, ce ne facciamo carico insieme al relatore. Si può trovare una maggioranza con chi ci sta, con chi ha voglia di fare sul serio”. L’euforia di Rosato è dovuta al fatto che negli ultimi 4 mesi non c’è stato nemmeno un testo da cui partire.

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