La Bce alza la posta: per mettere in sicurezza Monte dei Paschi di Siena servono 8,8 miliardi di euro invece dei 5 richiesti fino alla settimana scorsa. I ritardi del governo Renzi hanno reso ancora più critica la situazione dell’istituto senese, che ha già incassato il previsto fallimento del piano di salvataggio di mercato rendendo indispensabile l’intervento dello Stato al capezzale della banca senese per il quale è stato varato un decreto ad hoc lo scorso 23 dicembre dall’esecutivo Gentiloni. Adempiute le relative pratiche per accedere alla “ricapitalizzazione precauzionale” a carico dello Stato, la banca si è vista recapitare dal Tesoro due lettere della Bce con la conferma dei requisiti per ottenere l’aiuto di Stato, ma anche i nuovi conti. Il risultato delle nuove valutazioni, basate su criteri più restrittivi, è che il Tesoro per la sola ricapitalizzazione di Mps e senza contare il nodo dei crediti deteriorati, dovrà spendere una cifra vicina ai 7 miliardi tra aumento di capitale, pari a circa 4,5 miliardi, e rimborsi ai risparmiatori privati in possesso di obbligazioni senior che non vogliano restare azionisti della banca dopo la conversione dei loro titoli. Il resto dell’onere dovrebbe invece pesare sugli investitori istituzionali in possesso di bond della banca. Ma il condizionale è d’obbligo, come ben sa il ministero del Torso che si è affrettato a far sapere alle agenzie di stampa, tramite “fonti” che il fondo da 20 miliardi di euro istituito con il Salvarisparmio ha un perimetro che “è stato disegnato in modo ampiamente sufficiente a far fronte a tutte le esigenze di intervento che dovessero emergere dalle situazioni attualmente sotto osservazione da parte delle istituzioni”.

Nel presentare il conto Francoforte ha ricordato che i risultati dello stress test di luglio 2016 su Mps hanno registrato nello scenario avverso un deficit (shortfall) nel parametro patrimoniale Cet 1 fully loaded a fine 2018 pari al 2,44%. E, secondo l’interpretazione più restrittiva che il Supervisory board della Bce ha ora deciso di adottare per il caso senese, quel valore negativo va riportato non alla soglia minima prevista all’epoca, che era del 4,5%, bensì all’8 per cento. Questo si traduce, appunto, in un fabbisogno di capitale di 8,8 miliardi di euro “comprensivo di tutte le componenti dei fondi propri così come previsti dalla normativa vigente”. In una nota Montepaschi, oltre a confermare quanto anticipato dal sito del Sole 24 Ore lunedì sera, spiega che la banca ha “tempestivamente avviato le interlocuzioni con le autorità competenti al fine di comprendere le metodologie sottese ai calcoli” effettuati dalla Bce. Il trattamento adottato per Rocca Salimbeni, sottolinea il quotidiano di Confindustria, è analogo a quello applicato alle banche greche ricapitalizzate con soldi pubblici nel 2015.

Nelle lettere, Francoforte evidenzia che per quanto riguarda i dati a livello consolidato Mps è solvente, rispettando i requisiti minimi di capitale stabiliti dalla normativa. La posizione di liquidità ha tuttavia subito un rapido deterioramento tra il 30 novembre 2016 e il 21 dicembre 2016, come evidenziato dal calo significativo della liquidità netta a 1 mese, che è scesa da 12,1 miliardi di euro, pari al 7,6% del totale delle attività, a 7,7 miliardi di euro, pari al 4,78% del totale delle attività, e della cosiddetta counterbalancing capacity, cioè la riserva di liquidità disponibile in tempi rapidi, passata da 14,6 a 8,1 miliardi. Il titolo Mps è ancora sospeso dagli scambi in Borsa, come deciso dalla Consob il 23 dicembre.

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