Dalle difficoltà incontrate nello svolgere le proprie funzioni, come l’“ostruzionismo burocratico” e la “insofferenza di alcune strutture Expo ai controlli”. Ai risultati ottenuti, come l’aver contribuito a rendere Milano quella che “probabilmente è in questo periodo storico la capitale nazionale dell’antimafia”. È soprattutto un resoconto delle attività svolte in cinque anni la relazione conclusiva del comitato antimafia del comune di Milano, l’organismo che Giuliano Pisapia, all’inizio del suo mandato da sindaco, aveva voluto accanto a sé con tre finalità: ricevere suggerimenti sulle attività di contrasto alle infiltrazioni in Expo, avere un quadro aggiornato sulla presenza della criminalità organizzata in città e promuovere lo sviluppo di un’antimafia sociale. Con la settima relazione lascia la presidenza del comitato il sociologo Nando dalla Chiesa, che andrà a ricoprire un ruolo analogo per la Regione. L’organismo comunale continuerà comunque le sue attività anche sotto la giunta guidata da Giuseppe Sala. E la presentazione del documento nella sala Alessi di Palazzo Marino è stata l’occasione del passaggio di consegne tra dalla Chiesa e la nuova presidente del comitato, il magistrato Carmen Manfredda.

La relazione mette in guardia ancora una volta l’amministrazione dai rischi che comportano i tentativi di infiltrazione dei clan “e di utilizzo da parte loro delle pubbliche risorse, anche solo simboliche, come testimoniato dal caso recentissimo del comune di Corsico e del suo patrocinio a una manifestazione ricreativa assai sospetta”, e cioè la sagra dello Stocco di Mammola, l’evento poi annullato tra i cui organizzatori compariva il genero di un boss della ‘ndrangheta. Rischi su cui bisogna rimanere continuamente all’erta, visto che la presenza delle organizzazioni criminali in città è testimoniata da frequenti episodi di “violenza a bassa intensità”, come incendi di auto, danneggiamenti, taglio di gomme, forme di “violenza contro le cose”, che magari non sono notizie per la stampa, ma “lo sono per il commerciante o il pubblico funzionario che li subisce, e per i loro colleghi. Costruiscono cioè progressivamente, nella disattenzione dei più, un clima di intimidazione e di omertà”.

In tema di Expo, finito al centro delle cronache giudiziarie ancora una volta in questi giorni per le indagini sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori di realizzazione dei padiglioni di Cina ed Ecuador, la relazione non fa sconti sui problemi incontrati dal comitato. Per esempio quando “sperimentava la difficoltà di introdurre adeguati correttivi sul campo, specie per quel che riguardava l’acquisizione dei documenti (come i settimanali di cantiere)”. Difficoltà che secondo il report “discendono quasi sempre da un clima generale di rimozione del fenomeno o di sua sottovalutazione, che partendo dal livello politico-istituzionale si trasferisce poi nelle pratiche amministrative e operative quotidiane. Oppure da atteggiamenti di astensione, giustificati dall’urgenza del ‘fare’ e talora legati al rispetto di equilibri di potere o di affari considerati naturali”. Con una riflessione sulle conseguenze: “Non è arbitrario ritenere che proprio un clima inizialmente meno attento del necessario al contesto in cui il progetto si andava realizzando abbia favorito gli episodi di corruzione poi contestati dalla magistratura”. Critiche che dalla Chiesa aveva esplicitato anche in passato, denunciando una mancanza di cooperazione con il comitato antimafia da parte di Expo.

E Sala, che da numero uno di Expo è passato a svolgere, in qualità di sindaco, il ruolo di sponsor del comitato antimafia, cosa pensa delle critiche passate e ancora presenti tra le righe del documento? “Sicuramente errori sono stati fatti – risponde a margine della presentazione del rapporto -. Sono comunque certo che, nel mio ruolo passato e attuale, la volontà di difendere ciò che ho gestito dal rischio di infiltrazioni mafiose c’è sempre stata e continuerà a esserci”.

Nella relazione c’è anche spazio per le note positive. Come la consapevolezza che grazie alle contromisure via via prese dalle istituzioni “il ‘film’ complessivo di Expo 2015 non è stato di certo quello che i clan si erano immaginati”. O come tutte quelle attività contro la criminalità organizzata partite negli ultimi anni dalla società civile, come per esempio le iniziative di associazioni, scuole e università, che fanno dire a dalla Chiesa che “Milano costituisce probabilmente in questo periodo storico la capitale nazionale dell’antimafia”. Nella relazione c’è infine spazio per la sottolineatura su “quanto sia logora e stantia l’idea che la ‘vera’ lotta alla mafia si fa con le forze dell’ordine e con la magistratura e che ogni altra struttura sia orpello superfluo o addirittura dannoso”. E qui saranno fischiate le orecchie a Stefano Parisi, il candidato del centrodestra alla poltrona di sindaco che in campagna elettorale aveva svalutato il ruolo delle commissioni antimafia, sostenendo che “la mafia non va stroncata con la retorica ma con un intervento deciso delle forze dell’ordine”.
@gigi_gno

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