L’operazione Human Technopole si configura come un “golpe legalizzato” dalla politica alla ricerca scientifica, o meglio, come il proseguimento del un golpe alla ricerca di questo paese incominciato agli inizi degli anni 2000 con la fondazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia. La Senatrice a vita Elena Cattaneo ha redatto un lungo e dettagliato rapporto critico che riguarda sia lo Human Technopole sia l’IIT a cui rimandiamo per approfondimenti sui diversi temi: nel suo intervento al Senato, insieme con l’ex Presidente Napolitano ha detto che si tratta “un progetto nato in modo improvvisato come non avviene in nessun Paese, che l’Esecutivo ha affidato a un ente, l’Istituto italiano di tecnologia, scelto arbitrariamente come perno dell’operazione senza competizione pubblica” e ha chiamato il  governo chiarire le procedure e la opacità dell’operazione e dell’Istituto Italiano di Tecnologia cui “senza alcun bando pubblico, sono già stati destinati per legge 80 milioni di euro senza controllo e senza un fine chiaro”. La rivista Nature ha, qualche giorno fa, dedicato un articolo alla questione che sta suscitando discussioni e polemiche anche a livello internazionale. Vediamo di cosa si tratta e perché la questione è incandescente,

IIT è una delle operazioni più opache e allarmanti mai fatte in Italia. IIT è una fondazione privata, ma finanziata attraverso il denaro pubblico, un caso piuttosto unico in Italia per quanto riguarda la ricerca scientifica. IIT è costituito da diversi centri di ricerca, mentre IIT collabora con diverse università. Tuttavia, i criteri attraverso i quali IIT sceglie e nomina direttori dei centri IIT, così come il modo in cui vengono scelti i collaboratori esterni presso le università sono sconosciuti.

I principali risultati di IIT, a dieci anni dalla fondazione, sono: 1 miliardo in dieci anni ottenuto da parte dello Stato; solo ½ è stato speso, mentre il resto è depositato in diversi conti bancari, come Il Fatto Quotidiano ha recentemente scoperto (apparentemente senza alcun motivo evidente per questa diversificazione); solo l’1% del bilancio viene dal settore o dal settore privato. Ciò nonostante il fatto che, quando IIT è stata fondata nel 2003, i suoi organi di governo promisero che IIT sarebbe vissuto degli investimenti privati piuttosto che quelli pubblici.

E’ importante sottolineare che la missione di IIT non è concentrata sulla ricerca fondamentale piuttosto secondo il suo statuto: “La Fondazione ha lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l’alta formazione tecnologica, in coerenza con gli indirizzi della politica scientifica e tecnologica nazionale, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale“. È dunque molto discutibile che questa missione sia stata, anche lontanamente, compiuta. Per questo motivo l’IIT richiede una valutazione indipendente che ancora manca.

Come uno dei redattori del blog Roars.it (probabilmente il più importante forum italiano per la discussione in materia di ricerca e le politiche di istruzione superiore) ho contribuito a formulare dieci domande alla dirigenza di IIT al fine di aprire una discussione pubblica con la comunità scientifica italiana. Finora, abbiamo ottenuto alcuna risposta, nonostante abbiamo formulato queste domande diversi mesi fa. E nonostante il fatto che IIT sia stato scelto per progettare e condurre lo Human Technopole, un nuovo progetto di ricerca del governo che drena molte risorse dalle università e dagli istituti di ricerca pubblici.  Queste sono le domande:

  1. Perché IIT non applica le norme sulla trasparenza e integrità della pubblica amministrazione visto che la quasi totalità dei suoi fondi arrivano direttamente dal bilancio dello Stato? A cominciare dal fatto che i bilanci di IIT, a differenza di quelli delle università, non sono pubblici?
  2. Perché, a differenza di quanto avviene per le università, non sono pubblici i contratti, gli importi e le modalità di selezione  dei consulenti e collaboratori di IIT?
  3. Perché, a differenza di quanto avviene per le università, non sono pubblici i dati relativi agli organi di indirizzo politico-amministrativo  -ivi compresa la situazione patrimoniale- e degli incarichi amministrativi di vertice, comprensivi dei compensi? Quanto dura la carica di direttore scientifico, considerato che Cingolani è in carica dal 2005?
  4. Su che base e con quali procedure sono stabilizzati i ricercatori? Chi sceglie chi stabilizzare e chi lasciare nel precariato? Quanti sono i lavoratori che escono da IIT alla scadenza del contratto?
  5. Con quali criteri, da chi e con quali procedure sono stati scelti i responsabili dei centri in cui è organizzato IIT? Perché queste procedure non sono pubbliche come per le università?
  6. Con quali criteri e chi decide quali gruppi di ricerca universitaria finanziare? Che forma hanno e quanto costano le interazioni di IIT con le università italiane? Perché queste procedure non sono trasparenti e pubbliche come invece avviene per le linee di finanziamento del MIUR e dei maggiori centri di ricerca europei?
  7. Perché, a differenza di quanto avviene nelle università, i cittadini che finanziano IIT con le loro tasse non possono leggere né gli atti del Consiglio, né del Comitato Esecutivo, né gli atti che sottendono le decisioni prese dal Direttore Scientifico?
  8. A quanto si legge sul sito, IIT sembra svolgere una attività interna di valutazione. Chi sceglie i membri del board, con quali procedure e quale è il loro compenso? Come fa un organo nominato dagli organi di governo a valutare accuratamente? E, soprattutto, dove si possono leggere i rapporti di valutazione?
  9. A quanto ammonta il costo per articolo di IIT? Quanti articoli sul totale sono pubblicati da personale che presenta doppia affiliazione (IIT ed una università italiana o straniera)?
  10. Nel progetto di IIT-Technopole chi ha scelto i sette poli e chi ha selezionato i direttori dei centri? Con quali procedure sono avvenute tali scelte?
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