Finalmente la Commissione europea ha approvato il decreto sugli incentivi alle fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Ma è troppo tardi: le nuove regole dovevano essere pronte sedici mesi fa e rimarranno in vigore fino alla fine del 2016, poco tempo quindi. Senza contare che manca ancora la firma dei ministri competenti e, nell’attesa che Carlo Calenda si insedi come nuovo titolare dello Sviluppo economico, lo sbarco in Gazzetta Ufficiale può slittare ulteriormente.

Nel frattempo si è creato un vuoto normativo che ha portato a un blocco degli investimenti nel settore, mettendo a rischio gli obiettivi comunitari in tema di rinnovabili. Non solo: molte aziende sono fuggite all’estero o hanno chiuso con il conseguente calo degli occupati. Secondo l’Osservatorio ANIE Rinnovabili, che ha analizzato i dati di Terna, le nuove installazioni in particolare di eolico e idroelettrico nei primi tre mesi del 2016 sono crollate rispetto al primo trimestre del 2015. Risultano in aumento solo quelle del fotovoltaico, ossia la fonte non contemplata dal decreto perché è già stata supportata negli ultimi anni e secondo il governo non ha bisogno di nuovi incentivi.

Così la potenza delle nuove pale eoliche installate nel primo trimestre è diminuita del 79% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Anche l’idroelettrico registra un calo, seppur di entità minore: la nuova potenza installata è scesa del 44%. Anie Rinnovabili evidenzia invece che prosegue il trend positivo per il fotovoltaico: la potenza installata tra gennaio e marzo raggiunge circa 85 megawatt registrando un aumento del 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche il numero di unità di produzione risulta in aumento del 6%. Analizzando le variazioni congiunturali rispetto all’ultimo trimestre del 2015 si osserva che resiste il fotovoltaico (+0,3%), cala l’idroelettrico (-71%) e frena bruscamente l’eolico (-93%). Tra i motivi di questo trend c’è appunto il ritardo nell’emanazione del decreto sugli incentivi alle rinnovabili non fotovoltaiche. Per questo l’Anev, l’ente che rappresenta il settore eolico in Italia, chiede con “urgenza” di emanare il provvedimento: “La mancanza dello strumento normativo che ormai dal 2014 aspettiamo, non consente infatti la realizzazione di questi investimenti e mette a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi comunitari in tema di rinnovabili”.

I tre ministeri coinvolti – Sviluppo economico, Ambiente e Politiche Agricole – ci hanno messo un anno a trovare un accordo. Solo a inizio di quest’anno il testo è stato inviato alla Commissione europea, che ha valutato la compatibilità delle norme con le linee guida in materia di aiuti di Stato. Ora finalmente Bruxelles ha dato il suo benestare: “Il regime italiano destinato a sostenere la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili è conforme alle norme Ue sugli aiuti di Stato”, si legge in una nota. In particolare l’Unione europea ritiene che il decreto “sosterrà l’Italia nel conseguire gli obiettivi dell’Ue in materia di energie rinnovabili, contribuendo ad aumentare la capacità di generazione da fonti rinnovabili di circa 1.300 megawatt”. Dunque una forte spinta al settore, se non fosse che quando entrerà in vigore il decreto sarà praticamente già scaduto perché i nuovi incentivi valgono fino a dicembre 2016.

In generale, il fine del provvedimento nelle intenzioni dell’esecutivo è sostenere tutte le forme di energie rinnovabili con l’esclusione del fotovoltaico, attraverso nuovi incentivi e modalità di accesso più semplici. Più nel dettaglio, il nuovo meccanismo prevede tariffe di riacquisto agevolate per gli impianti di dimensioni minori e un sistema di premio, con una maggiorazione rispetto al prezzo di mercato, per quelli di maggiori dimensioni. Le fonti coinvolte sono eolico, idroelettrico, geotermico, biomasse e biogas, gas di depurazione, gas di discarica, bioliquidi sostenibili, energia oceanica (comprese maree e moto ondoso), solare termodinamico. Per accedere agli incentivi bisogna iscriversi al registro del Gestore dei Servizi Energetici (Gse) relativo alla propria tipologia di impianto, e partecipare ai bandi che verranno pubblicati.

Articolo Precedente

Norvegia, il dilemma di Oslo. Il primo produttore europeo di petrolio investe in rinnovabili e guadagna con il salmone

next
Articolo Successivo

Helicopter money, perché la Bce (per ora) non usa l’arma finale dei soldi dall’elicottero per spingere i consumi

next