“Siamo partiti, non cercarci, non ci vedrai mai più”. Sono le ultime parole che Fabienne Schirru ha sentito pronunciare al telefono da sua figlia. E Alice Brignoli, 39 anni, quella promessa l’ha mantenuta. Dallo scorso maggio è svanita nel nulla assieme al marito Mohamed Koraichi, marocchino di 32 anni, e ai tre figli maschi di 7, 6 e un anno e mezzo. La coppia nel 2008 si è convertita all’Islam. E da un giorno all’altro si è chiusa alle spalle la porta della casa popolare in via Provinciale a Bulciaghetto, nel Lecchese, ed è partita. Ha trascinato con sé i figli piccoli. Senza lasciare nessuna traccia. Senza dire quale fosse la destinazione finale. Ma la signora Schirru è convinta di conoscerla: “Dicevano che la Siria era la loro ‘terra promessa’, che capivano chi combatteva nel nome di Allah, che anche loro erano pronti a morire. Sono due pazzi furiosi: non sono convertiti all’Islam, ma all’Isis. Ora voglio solo riportare a casa i miei nipoti. E ce la farò, sono ostinata: mio padre era sardo, mia madre francese”.

“Sono due pazzi furiosi: non sono convertiti all’Islam, ma all’Isis”

Fuma una sigaretta nel suo studio olistico di Ceriate Brianza. Alle parete un grande Tao. Un lettino per i pazienti. E una scrivania ben in ordine. Lo sguardo è determinato. La voce calma. Riavvolge il nastro della memoria. Cerca di fissare nel tempo il punto di rottura. I ricordi si susseguono a rallentatore mentre sfoglia un album di fotografie che immortalano i segni della metamorfosi. Alice in costume al mare, felice e abbronzata. Alice e Mohamed nel 2008, sorridono il giorno del matrimonio in Comune: lui con la tunica bianca, lei con un bel velo turchese in testa. Il primo figlio nato nel 2009. Poi Mohamed in maglietta bianca, con la barba sempre più lunga. Alice vestita di nero, sempre più coperta.

“Era una ragazza splendida, libera, indipendente. Non aveva nessuna credenza religiosa. Si era fermata alla prima comunione. Aveva trovato impiego in una ditta della zona. Lì ha conosciuto Mohamed, che lavorava come saldatore. Anche lui era un ragazzo tranquillo. Non era osservante. Proveniva da una famiglia integrata”, dice la signora Schirru tratteggiando le vite di due normali ragazzi cresciuti nella profonda provincia lombarda, tra capannoni industriali e campagne mangiate dalla nebbia. Neanche lei riesce a capire cosa sia successo nelle loro menti. Cosa li abbia spinti all’Islam più radicale, a vivere segregati, a sognare la jihad e lo Stato islamico. “Continuo a chiedermelo. Senza riuscire a darmi una risposta. L’unica spiegazione è che mia figlia abbia trovato nella religione e in Mohamed la figura paterna che le è sempre mancata. Hanno fatto un percorso assieme che li ha portarti alla conversione. Hanno smesso di lavorare. Per un po’ anch’io ho accettato le loro regole per essere accolta in casa e vedere così mio nipote: ho letto il Corano e Alice mi ha anche comprato il velo. Ma pian piano si sono chiusi e hanno escluso me, l’altro mio figlio e la famiglia di Mohamed, tanto che non ho mai conosciuto il mio terzo nipote”.

L’ipotesi è che abbiano lasciato l’Italia via terra, passando per i Balcani

Il punto di non ritorno nelle loro esistenze si avvicina sempre più velocemente. I due vivono grazie al sostegno dei membri della comunità islamica. I contatti con le famiglie si diradano, fino ad annullarsi. Solo qualche telefonata. Informazioni risicate. Un viaggio in Marocco nell’estate del 2014 e poi quella chiamata nel maggio 2015: “Non ci vedrai più”. La signora Schirru si spaventa. Teme che l’intera famiglia sia morta. Si rivolge subito ai carabinieri, che entrano nell’appartamento al primo piano del condominio popolare, con le siepi curate e l’intonaco color crema di Bulciaghetto. Dentro trovano solo i mobili e un computer fisso. La procura di Lecco apre un’indagine. Ma il fascicolo arriva subito sul tavolo del pool antiterrorismo di Milano, guidato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. Da mesi i carabinieri del Ros stanno raccogliendo le tracce lasciate da Alice e Mohamed, da oltre un anno già nei radar dell’intelligence.

L’ipotesi è che abbiano lasciato l’Italia via terra, passando per i Balcani. E poi oltre il confine turco. Prima di essere inghiottiti dall’abisso siriano. Una sorte simile a quella della donna albanese che nel dicembre 2015 se ne è andata da Barzago, nel Lecchese, per raggiungere le terre di Daesh, portando con sé il figlio di 6 anni e lasciando la famiglia con il terrore che tutto o quasi sia spacciato. Stesso stato d’animo di mamma Fabienne: “Sono pronta a tutto. Ai carabinieri ho anche descritto i segni particolari per riconoscere eventualmente il cadavere di mia figlia. Ma i miei nipoti torneranno a casa”.

Articolo Precedente

Augusta, ritirata la richiesta di dimissioni di don Palmiro Prisutto: il sacerdote che legge i nomi dei morti per inquinamento resta al suo posto

next
Articolo Successivo

Ciampino, dalla speculazione edilizia al parco pubblico. “Sperimentando” l’articolo 42 della Costituzione

next