Nel 2007 Pier Luigi Boschi, il padre del ministro per le Riforme, portò a termine un grosso affare immobiliare insieme a un socio calabrese che secondo la Dda di Firenze era legato alla ‘ndrangheta crotonese. Per quella compravendita Boschi venne indagato nel 2010 ad Arezzo per turbativa d’asta e successivamente per estorsione, ma poi fu definitivamente archiviato a novembre 2013 su richiesta dal pm Roberto Rossi, che a distanza di qualche mese divenne capo della Procura aretina. E’ quanto riportato da un’inchiesta del settimanale Panorama in edicola domani. I fatti rimandano a nove anni fa, quando il padre dell’attuale ministro delle Riforme comprò – tramite la cooperativa agricola Valdarno superiore, di cui era presidente del cda – un’immensa tenuta agricola di proprietà dell’Università di Firenze. Un acquisto sottocosto, a trattativa privata e, soprattutto, per conto di un acquirente che sarà reso noto solo in un secondo momento: trattasi della Fattoria Dorna, di cui Boschi deteneva il 90% delle azioni, mentre il 10% era di Francesco Saporito, originario di Petilia Policastro, in provincia di Crotone. Secondo la Dda di Firenze, Saporito è legato alla ‘ndrangheta, mentre a sentire la Procura aretina i componenti della famiglia Saporito erano “referenti nella provincia di organizzazioni malavitose riconducibili alla ‘ndrangheta”.

Nei mesi successivi all’acquisto, la quota di partecipazione di Pier Luigi Boschi pian piano andò riducendosi, poi nel 2009 il padre del ministro uscì di scena e subentrò la moglie di Saporito. Nel frattempo, però, nel 2010 Boschi finì indagato per turbativa d’asta e riciclaggio e, soprattutto, cercò di portare a termine una serie di vendite della proprietà appena acquistata. Ed è proprio su una di queste cessioni che si concentrò la nuova attività della Procura di Arezzo, che il 4 febbraio 2013 – sempre Roberto Rossi – chiese l’archiviazione per l’accusa di turbativa d’asta e riciclaggio e allo stesso tempo iscrisse il padre del ministro nel registro degli indagati per estorsione. Il motivo? Secondo quanto sostenuto davanti ai pm da chi acquistò un appezzamento di terreno da Boschi, quest’ultimo pretese e ottenne un pagamento in nero di 250mila euro: soldi in contanti versati al momento del rogito, almeno a sentire la versione degli acquirenti interrogati in procura. Non solo. Chi acquistò disse anche di aver fatto delle fotocopie dei contanti consegnati.

La Guardia di finanza perquisì l’abitazione e in effetti trovò conferma di quanto detto. Lo stesso giorno andò in casa di Pier Luigi Boschi a Laterina e sequestò una cartellina gialla e un assegno di 95mila euro firmato da Francesco Saporito. Questi ultimi, evidentemente, non erano i soldi in nero che cercavano gli 007 delle Fiamme Gialle. “Che fine hanno fatto quei soldi?” chiede oggi Panorama. Fatto sta che il 7 novembre 2013 il pm Roberto Rossi chiede l’archiviazione per Pier Luigi Boschi. Cosa era accaduto tra febbraio e novembre 2013? Il 21 febbraio Maria Elena Boschi viene eletta deputato; a luglio Roberto Rossi diventa consulente del governo e a fine ottobre organizza in qualità di reggente della Procura di Arezzo un convegno a cui partecipano l’allora ministro dell’Ambiente Andrea Orlando e la neo deputata Maria Elena Boschi.

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