maikol russo forcella

Un saluto di ammirazione e di congratulazione per una scarcerazione inaspettata seguito da una sorta di appello-auspicio-richiesta affinché tornino a ‘vegliare’ sui vicoli del rione Forcella. E’ bastato questo messaggio, visibile a tutti, inviato via internet da un giovane di Forcella a un personaggio di primo piano o quanto meno accreditato come il reggente dei Mazzarella a scatenare un crescendo di violenza sfociato poi nell’agguato del 31 dicembre in piazza Calenda in cui è rimasto vittima innocente Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, ‘colpevole’ di essersi fermato all’esterno di un bar in piazza Calenda ed essere confuso dai killer con il vero obiettivo del raid.

Comincia a diradarsi la nebbia che avvolge l’omicidio di San Silvestro in cui un bravo ragazzo, ‘il gigante buono’ Maikol Giuseppe Russo estraneo alle dinamiche dei clan, lontano dalla cultura della camorra e da frequentazioni compromettenti è stato trucidato senza pietà a poche ore dallo scoccare del nuovo anno. Nessuna ‘stesa’, nessuna guerra di conquista delle attività illegali, nessun regolamento dei conti per il predominio e il controllo dello spaccio della droga nel rione della camorra. Il movente del raid armato in piazza Calenda matura via computer. E’ la camorra 2.0.

Una chat aperta, un ritrovo virtuale frequentato da molti giovani di Forcella e ‘attenzionata’ da esponenti in ascesa dei clan, un augurio spontaneo rivolto a un personaggio di ‘fuori’ che inaspettatamente ritrova la libertà e che sembra apprezzare molto il saluto di benvenuto e l’appello a ritornare. Il messaggio della chat sarebbe stato letto anche e soprattutto da chi, invece, è ritornato e si è ripreso il dedalo dei vicoli all’ombra del Duomo. Un affronto, una provocazione, una lesa maestà di un forcellese che merita un’azione. Il ‘colpevole’ è atteso sotto casa e picchiato selvaggiamente. Una ‘ lezione’ per aver invitato lo storico nemico, l’esponente dei Mazzarella, a ritornare a Forcella.

Nei fatti un inconsapevole o consapevole appello a riprendersi quelle viuzze a discapito della ‘paranza dei bimbi’ che nel nome dell’alleanza Giuliano-Sibillo è tornata a dominare quel pezzo di città. Un cognome i Giuliano riportato al sogno dei fasti di potere di un tempo lontano: quando a ‘governare’ c’erano i padri, gli zii, i cugini e il rione Forcella era l’ombelico del mondo criminale. I nuovi capi o quello che resta intimano lo sfratto esecutivo al giovane e alla sua famiglia dal rione Forcella. L’ordine è perentorio. C’è lo spazio però per una mediazione, un intervento di gente di mezzo alla strada, per riparare alla bravata di un giovane che neppure sapeva o si era reso conto di aver provocato una grave offesa. Evitare tarantelle,  mettere pace, non attirarsi le attenzioni delle forze dell’ordine.

Gli ambasciatori – mancano pochi giorni all’ultimo dell’anno – ottengono un insperato appuntamento per un chiarimento. Il giovane e avventato ‘internauta’ dei vicoli chiede perdono. Sembra una scena di Gomorra. Si scusa, piange. Complice le festività incassa ‘o perdono e il lasciapassare per continuare a vivere nella propria abitazione al rione Forcella con un avvertimento: devi essere invisibile. C’è un ‘però’. In questa storia di guappi e di psichiatria criminale resta qualcuno offeso. Il costringere con la violenza il passo indietro al fan dei Mazzarella viene visto come una grave offesa proprio da questi ultimi.

Un guanto di sfida, una mancanza di rispetto, un atto di guerra, un grave affronto. Sarebbe stato questo lo scenario entro il quale è maturato l’ordine da ambienti vicini al clan Mazzarella di dare una lezione agli storici nemici e ordinare un raid armato. E veniamo a quel maledetto 31 dicembre pomeriggio. C’è sicuramente uno specchiettista in piazza Calenda, uno di cui nessuno sospetta che non appena avvista soggetti orbitanti o meglio un esponente della ‘paranza dei bimbi’ o quanto meno un giovanissimo erede emergente della nota dinastia dei Giuliano avvisa chi deve avvisare. Parte il gruppo di fuoco. Pochi minuti e si consuma il raid armato. Nel frattempo il personaggio da colpire non c’è più è andato via. Mai restare per più di 5 minuti  in uno stesso posto a Forcella. E’ una regola che si tramanda. Neppure il designato obiettivo dell’agguato immagina di essere finito nel mirino. In piazza davanti a una siepe del bar e in attesa che il fratello finisca il turno di lavoro c’è Maikol Giuseppe Russo che rimane a terra in una pozza di sangue. “Verità e giustizia per Maikol e per tutte le vittime innocenti” è lo striscione posto dai familiari e gli amici del ‘gigante buono’ nel corso della manifestazione al rione Forcella contro la camorra. Verità e giustizia passano attraverso la collaborazione con lo Stato.

Occorre non avere paura e denunciare. Se davvero ed è vero che c’è rabbia, dolore, esasperazione per la morte di Maikol, allora si rompano gli indugi e si collabori con gli inquirenti fino in fondo. Lo strapotere criminale lo si contrasta rompendo il muro di omertà. Scegliendo da che parte stare come aveva fatto Mikol Giuseppe Russo.  Il ‘gigante buono’ merita giustizia come giustizia ha meritato Annalisa Durante, un’altra vittima innocente, un’altra delle tante vite spezzate di un rione che sembra un eterno fronte di guerra.

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