Londra, partito laburista sceglie nuovo leader: Jeremy Corbyn

La vittoria di Jeremy Corbyn farà la storia della sinistra inglese. Su questo nessuno ha dubbi, a destra come a sinistra. Quello che però sconcerta nella clamorosa vittoria del candidato “marxista” del Labour, collocato agli antipodi della Terza via di Tony Blair e degli orientamenti prevalenti nella sinistra mondiale, è il mix di arroganza, livore e stizza che attraversa la gran parte dei commenti italiani e internazionali. “Corbyn ha vinto, la sinistra inglese ha scelto di suicidarsi” è il refrain che si legge sulla stampa inglese, su quella italiana, nei tweet dei commentatori politici più accreditati. Come se non ci si fosse suicidati abbastanza guidando i socialisti francesi – che rischiano di non arrivare più al secondo turno delle presidenziali – la socialdemocrazia tedesca, ormai ancella di Angela Merkel o la sinistra italiana, infatuata così tanto da Blair da rimanerne schiantata.

Ci vuole molta tracotanza intellettuale per bollare preventivamente un fatto politico così rilevante, la stessa che caratterizza la sinistra “à la Renzi” non a caso discendente diretta del nuovismo blairiano. L’arroganza di chi afferma, senza timore del ridicolo, che l’unica strada possibile per vincere a disposizione della sinistra mondiale è adeguarsi al motto di Tina (there is no alternative), presentarsi sbarbati e moderni, in camicia bianca e maniche arrotolate – non come l’immagine sparata in prima pagina domenica dal Corriere della Sera – e soprattutto coerenti con il “sistema”. Insomma, l’unica speranza che ha la sinistra di cambiare il mondo è di lasciarlo così com’è salvo imprimergli un tocco di glamour, di ottimismo e di retorica della “frontiera”.

Il problema di fondo, però, non è nemmeno la disputa tra questo modo di pensare e di inculcare idee ai lettori e il suo opposto. Il vero problema è che nessuno si sporge a guardare cosa ci sia dietro la vittoria di Corbyn, di leggere nei pensieri di quei 450 mila elettori inglesi che si sono recati alle urne delle primarie per consacrarlo leader con quasi il 60% dei voti. A nessuno sembra passare per la mente che, improvvisamente, dopo anni di crisi economica, si verifica una spinta tale in Gran Bretagna, dopo che la Grecia ha puntato su Syriza, la Spagna ha scoperto Podemos, l’Italia ha dato il benvenuto al Movimento 5 Stelle oppure, su altre sponde, le destre si sfarinano per coagularsi nel loro volto più odioso e radicale. Nessuno se ne accorge, in realtà, perché non si vuole ammettere che c’è qualcosa nella costruzione europea e nella moderna gestione del capitalismo che non funziona. Si potrebbe dire che mentre milioni di dita puntano la luna, tutti sono intenti a osservare e denigrare le dita qualunque sia il leader prescelto.

La lezione, invece, è chiara. Gran parte dell’Europa non ne può più delle solite ricette e cerca qualcosa d’altro. E’ facile dire che Tsipras si è rivelato un’illusione e che lo stesso accadrà con Corbyn. Lo sostengono anche in molti nella sinistra più radicale. In fondo anche Podemos sta cercando di trovare una via d’uscita onorevole al proprio successo cercando di trasformarlo in una forza di governo. Quello che resta, però, è la spinta che sostiene tutti questi progetti. L’insoddisfazione crescente per il futuro e l’esplosione della “grande illusione” come dato saliente della nuova generazione: ci avevate promesso un mondo migliore e ci troviamo immersi in una disoccupazione strutturale, in una crisi ecologica irreversibile e guerre di cui non si vede mai la fine.

I segnali c’erano tutti. Quando si è trattato di votare, nelle modalità consentite dalle Costituzioni, a favore o contro l’Unione europea questa è sempre uscita con le ossa rotta, che si trattasse del referendum francese o di quello olandese. Quando si sono svolte le elezioni europee il tasso di astensione è schizzato alle stelle, segno di una distanza siderale dalle istituzioni di Bruxelles. Quando un paese, la Grecia, ha provato a battere una strada diversa questo ha creato una grande attesa nel resto d’Europa e quel tentativo è stato strozzato nella culla con il carico di disillusione che ne è derivato.

Esiste una forte componente sociale – non possiamo spingerci a definirla maggioritaria – che spinge ostinatamente in una direzione contraria alle attuali politiche. E questa corrente caratterizza in primo luogo il dibattito a sinistra per cui i vari Corbyn o Iglesias dovrebbero fare molta attenzione prima di adagiarsi, eventualmente, a nuovi compromessi o a poco lungimiranti retromarce. Vedremo il 20 settembre quali esiti avrà prodotto in Grecia il dietrofront di Tsipras, se questo si tradurrà in un rafforzamento della destra, anche quella più estrema, in maggior forza alla sua sinistra oppure nel disincanto. Ma le dita che hanno scritto Corbyn nella scheda del Labour sono lì a indicare la strada ed esperienze di rottura come quelle che agitano l’Europa assomigliano pericolosamente all’ultima carta che la sinistra ha da giocare prima della sua definitiva disfatta. Mentre per coloro che sostengono Renzi e si preoccupano di Corbyn, dovrebbe bastare la citazione di Giorgio Gaber: “Ma a te, la parola compagno, chi te l’ha data?”.

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