Il Pd prova a mettere un po’ di colla ai cocci del patto del Nazareno. Per tutto il giorno dal Partito democratico sono arrivati messaggi solo in una direzione. Dal vicesegretario Lorenzo Guerini (“Berlusconi? Siamo pazienti e attendiamo” ha assicurato al Messaggero) al capogruppo alla Camera Ettore Rosato: “Forza Italia ha già votato questo testo quindi è necessario un approfondimento politico per ricostruire quel rapporto che serve al Paese” ha detto al Tg3. Gli obiettivi di questo nuovo tentativo di riconciliazione sono diversi e si incrociano: mettere fuori gioco la minoranza del Pd che sulle riforme istituzionali sta preparando il nuovo tavolo di gioco e soprattutto evitare un vietnam al Senato dove i numeri della maggioranza sono sempre in bilico. Anche per questo continuano ad arrivare “moniti” da Palazzo Giustiniani: “Le riforme sono un’esigenza vitale, non ledono la democrazia” ha ribadito il presidente emerito Giorgio Napolitano in una lettera aperta a Repubblica. Tutto per riottenere i voti del partito guidato dal senatore decaduto per la condanna definitiva, quello per il quale Renzi aveva dichiarato il “game over”. Insomma, è partita la caccia per ritrovare i vecchi sapori della “profonda sintonia”.

La linea è tracciata, visto che lo stesso messaggio era arrivato pubblicamente dai due vicesegretari del partito, Debora Serracchiani e, da ultimo, Lorenzo Guerini. “Siamo impegnati su un cammino di riforme talmente importante che se le altre forze politiche vorranno discutere saremo sempre disponibili – aveva detto nei giorni scorsi Serracchiani – Se vorranno, parteciperanno. Non è un patto del Nazareno ma un impegno a coinvolgere tutte le forze in Parlamento”.

Così ora un nuovo incontro tra Renzi e Berlusconi a settembre viene definito anche possibile. C’è chi, secondo le agenzie, scommette che la trattativa questa volta sarà affidata a Gianni Letta e Luca Lotti, i due che hanno portato a casa l’accordo su Monica Maggioni, presidente della Rai. I margini sono stretti, se è vero che Forza Italia chiede non solo l’elettività del nuovo Senato trasformato in Camera delle autonomie (esattamente il centro delle richieste della minoranza democratica), ma anche una riqualificazione della legge elettorale con la modifica del premio di maggioranza da destinare alla prima coalizione e non alla lista. “Non sono accettabili modifiche che deroghino ai principi che avevamo fissato insieme per ammodernare il sistema istituzionale – ribatte per ora Guerini – Il superamento del bicameralismo paritario, una sola Camera che dà la fiducia al governo e quindi la non elettività dei senatori”. Ma Guerini ci crede: “L’esperienza dei mesi scorsi insegna che le proposte del governo hanno sempre ottenuto i voti necessari – sottolinea – Anche questa volta finirà così”. Stesso spirito di Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, molto vicino al capo del governo: “Forza Italia ha già votato una volta il testo, poi hanno cambiato improvvisamente idea, ma questo lo vedremo quando riprenderemo le attività a settembre”.

L’effetto su Forza Italia è singolare. Da una parte, infatti, Renato Brunetta dice che ormai Renzi “non ha più i numeri” e ha “fallito” su tutti i fronti.  Dall’altra, però, il capogruppo azzurro a Montecitorio si è spinto a ipotizzare addirittura una sorta di Grosse Koalition da varare da qui alla fine della legislatura per assicurare la “massima coesione” in un “difficile momento politico-economico”. Gli stessi concetti che – secondo alcuni retroscena – avrebbe espresso anche Berlusconi che attenderebbe di tirare il salvagente renziano vagheggiando un Renzi bis. Ma almeno questo per il momento pare solo un sogno estivo dell’ex Cavaliere.

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