Ecco un estratto della nota dell’editore all’opera “Tav Chi Sì”, ebook più webdocumentario sulle grandi opere all’italiana realizzato da Trancemedia.eu in collaborazione con ilfattoquotidiano.it. “Tav Chi Sì” è curato dal collettivo Junius I (Ivan Cicconi, Andrea De Benedetti, Claudio Giorno, Francesco Paola) ed è acquistabile online a 4 euro. I lettori potranno inviare segnalazioni e contributo che saranno vagliati da un team di esperti. 

L’Alta Velocità ferroviaria ha registrato, in termini di costo, il più colossale investimento pubblico dai tempi di Traiano. Non una spesa minore, una fra tante, ma la maggior spesa assoluta. I suoi mutui, cari non-estinti, ci accompagneranno per vari decenni ora che la maggior parte delle linee è completa.

Tracciati mastodontici, come quelli su cui corrono le Frecce e Italo, in Germania non saranno più costruiti. La Germania per il futuro ha scelto la via leggera del Pendolino, che in Italia era stato sviluppato, brevettato, industrializzato – e svenduto.

tav chi sì cover-280Nella spesa pubblica, i tagli a sanità, istruzione, ferrovie locali-notturne-merci, manutenzione strade, cultura diventano drammatici dal 2007. Data non casuale: poco prima Bruxelles aveva rivisto i conti dell’Alta Velocità italiana e aveva imposto di iscrivere ai passivi dello Stato debiti per una decina di miliardi di euro, l’uno per cento del pil in un sol colpo. Ma il costo totale delle nuove linee ha già superato il decuplo di quella cifra, senza contare i tunnel transalpini.

Saltano fuori come un coniglio magico: sono i passivi nascosti, larvati nelle finte spa attinenti alla nuova costosissima ferrovia. Sacrificio una tantum? No, nel 2015 e ben oltre continuano i costi per capitale, interessi, arbitrati, su una ferrovia pianeggiante sei volte più cara che in Francia, sette o otto volte più che in Spagna.

Nel frattempo, molti pendolari sono dovuti tornare all’auto. Chi viaggiava tra Nord e Sud con gli espressi notturni è stato spinto sugli aerei. Il trasporto merci è stato largamente smantellato e deviato su strada. L’Alta Velocità ferroviaria ha messo persone e cose su gomma e su ali: l’ideale per il clima, per la bilancia dei pagamenti!

La pratica nuova (post-Tangentopoli) di intese tra politica, finanza, media e consorterie ha generato un metodo poi viralmente applicato come paradigma in mille pretese innovazioni e riforme. Ne risultano impatti violenti sulle voci di spesa più onerose per i contribuenti (e rischiose per i risparmiatori): sanità, trasporto, utilities.

E non resta capacità per finanziare il riassetto del territorio, mentre il modello di futuro del secolo scorso accelera i cambiamenti climatici.

I partiti si emulsionano al punto che oggi nelle nuove metropoli (un vanto?) i rappresentanti sono spesso accorpati in liste uniche, ove la democrazia elettorale formale sottende con frequenza il comitato di affari. La libertà di stampa tocca il minimo dai tempi delle leggi speciali mussoliniane; senza violenza, di solito, ma con l’autocensura indotta in chi è consapevole del ‘gioco di squadra’ nei media sovradimensionati, indebitati, ricattabili e obbedienti.

Investigare l’Alta Velocità equivale a indagare il colossale business che si giocherà per decenni sul nostro patrimonio collettivo e sui risparmi privati. Afferrare il paradigma del Mose, dell’Expo, dell’autostrada tirrenica, della Orte-Mestre, delle altre opere di grande impatto. E magari formarsi un giudizio utile, modelli nuovi.

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