Era il 1993 quando fu presentato il primo esposto in procura contro Tav spa, la società dell’Alta Velocità ferroviaria. Firmatario, il deputato Psdi Luigi Preti, già membro della Costituente. Destinatario, un certo Ercole Incalza. Proprio lui, il re delle Grandi opere all’italiana che sarà arrestato 22 anni dopo, in un’inchiesta della Procura di Firenze partita proprio dal Tav e arrivata a coinvolgere strade, autostrade, ferrovie e porti di tutta la penisola. La lunga marcia delle Grandi opere all’italiana è costellata di inchieste giudiziarie, spartizioni politiche, costi gonfiati, sprechi, leggi speciali – se non “criminogene” – , interventi emergenziali, lobby, cricche. Ma è a suo modo una grande opera anche “Tav chi Sì-Un’investigazione civile online”, ebook e webdocumentario realizzati da Trancemedia.eu in collaborazione con ilfattoquotidiano.it, acquistabili online a 4 euro, che questa storia la racconta tutta, e continuerà a raccontarla fino (almeno) alla fine del 2016 (leggi un brano dall’introduzione). Con il contributo e l’aggiornamento continuo da parte degli autori, innanzitutto, ma anche di esperti esterni e, soprattutto, dei cittadini-lettori-elettori. Non si tratta di un’opera in sé “No Tav”, si ispira piuttosto al motto liberale di Luigi Einaudi “conoscere per deliberare”. 

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TAV: 10 MILIONI DI EURO PER 160 METRI DI ROTAIE. L’ebook, composto da oltre 400 schede dense di collegamenti a ulteriori fonti web, è curato dal collettivo Junius I, composto da Ivan Cicconi (di cui ilfattoquotidiano.it ha già pubblicato nel 2011 “Il Libro Nero dell’Alta Velocità”), Andrea De Benedetti (autore fra l’altro di “Binario morto”, Chiarelettere), Claudio Giorno (uno degli animatori del movimento anti-tav), Francesco Paola (autore con Elio Veltri di “I soldi dei partiti”, Marsilio). Il wedocumentario contiene video, testi, illustrazioni e grafici navigabili attraverso percorsi tematici, cronologici o, per esempio, basati su numeri e costi. Un solido lavoro di documentazione, la base necessaria per costruirsi un’opinione informata non solo sul contestatissimo Tav, oggetto da un buon ventennio della rivolta in Val Susa, ma sul tema più generale delle grandi infrastrutture, del modello di sviluppo che sottointendono, dei benefici reali e dei costi spesso nascosti. E così si parla di Expo e di Mose, tanto per citare due famosi cantieri che in tempi recenti hanno messo a nudo il sistema criminale degli appalti.

“Il risultato, nell’Alta Velocità: costruire con dieci milioni di euro centosessanta metri di binari e opere collaterali”, si legge per esempio nelle prime pagine di “Tav Chi Sì”. “Una cifra con la quale in Francia e in Giappone si è costruito un chilometro o più”. Così si è arrivati a “spendere oltre cento miliardi di euro invece di una ventina scarsa – tutto capitale e interessi iscritti come passivo nel bilancio dello Stato, aggravato anno dopo anno sino a oggi”. Nella mole di documenti raccolti, c’è anche una profetica lettera sul Tav di Luigi Preti a Beniamino Andreatta datata 10 febbraio 1992 (esattamente una settimana dopo sarebbe stato arrestato a Milano Mario Chiesa, l’inizio dell’inchiesta Mani pulite). “Le Ferrovie parlano di 30mila miliardi per non allarmare troppo l’opinione pubblica, ma in realtà pensano che si tratterebbe almeno di 50mila miliardi”, scriveva l’esponente Psdi agli albori del progetto. “Io però, documentandomi come ex ministro dei Trasporti con valorosi tecnici, penso che si arriverebbe a 100mila. E’ una cifra da capogiro, ed è una truffa”. L’unica cosa che Preti non previde fu il futuro cambio lira-euro.

Peter Gomez: “Alla base della partecipazione c’è la conoscenza”

IL RUOLO DLLE BANCHE: PRENDI I SOLDI E SCAPPA. L’investigazione di “Tav Chi Sì” approfondisce anche il ruolo delle banche, riassumibile alla Woody Allen in “Prendi i soldi e scappa”: “Le banche costituenti Tav nel luglio 1991 usciranno dalla società 7 anni dopo, calcolando come prestiti a prezzi di mercato e non come apporti in capitale i loro finanziamenti al progetto alta velocità (i piccoli capitali investiti saranno loro rimborsati all’uscita). Questi interessi, moltiplicati dai ritardi e dalle continue revisioni in corso d’opera, incombono ancor oggi e per i decenni a venire sul bilancio dello Stato”. Fino ai tempi moderni della Cassa depositi e prestiti.

“‘Tav Chi Sì’ è un tentativo di avviare nuove forme di editoria politica negli anni del web sociale e ubiquo “, spiega Claudio Papalia di Trancemedia.eu. “Una corretta informazione al pubblico sul tema della spesa pubblica non è disponibile in Italia almeno dai tempi in cui Guido Carli introdusse lo slogan del liberarsi di lacci e lacciuoli. A quarant’anni di distanza, il tema del controllo democratico sulla spesa pubblica è rovente anche perché lo scioglimento di lacci e lacciuoli, innestato sul pensiero unico della deregulation e praticato con leggi urgenziali, si è rivelato moltiplicatore di debito pubblico (e privato)”. Risultato, continua Papalia, “a partire dal recente Sblocca Italia di Renzi, tra il 2015 e il 2016 la politica delle cosiddette Grandi Opere rischia di bruciare definitivamente il bilancio del Paese in spregio ai beni pubblici, all’ambiente e ai più elementari principi di partecipazione democratica“. Ma, ed è la scommessa di “Tav Chi Sì”, oggi “i media digitali e sociali sono il mezzo per favorire nel pubblico la consapevolezza e la capacità di giudizio”.

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