Un altro giudice costretto a lasciare il processo “Olivetti” per i 13 morti provocati dall’amianto, quello che coinvolge alcuni big dell’economia italiana come Carlo De Benedetti, Corrado Passera e Roberto Colaninno. Questa volta però non si tratta di un’astensione dovuta alla procedura, ma di una sanzione disciplinare: il gup di Ivrea Giuseppe Salerno è stato sospeso dal suo incarico per ordine del Csm. Il 7 maggio l’udienza preliminare, che coinvolge 33 ex manager indagati per omicidio colposo e lesioni, potrebbe rischiare un altro stop dopo quello arrivato alla prima udienza preliminare, ma il tribunale presieduto da Carlo Maria Garbellotto è già corso ai ripari.

La sospensione cautelare è stata decisa il 28 aprile, a quasi due anni dall’avvio del procedimento disciplinare dell’organo di autogoverno dei magistrati. Nel 2013 Salerno, all’epoca attivo nella sezione gip/gup del Tribunale di Torino, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Milano, competente sui reati dei giudici attivi in Piemonte. Secondo il sostituto procuratore Roberto Pellicano, Salerno era responsabile di un caso di corruzione: avrebbe nominato un commissario straordinario di un’azienda che poi ha scelto come consulente il suocero del magistrato. Nel dicembre scorso il gup milanese Sofia Fioretta ha stabilito che non si trattava di corruzione, ma di abuso d’ufficio e ha condannato il collega torinese a otto mesi di carcere. Nel frattempo il 23 aprile Salerno, distaccato a Ivrea, aveva accettato di occuparsi del caso “Olivetti” al posto del collega Alessandro Scialabba. Cinque giorni dopo però è arrivato il provvedimento disciplinare. Ora il suo avvocato, Antonio Rossomando, che ha già fatto appello contro la condanna, ricorrerà alla Cassazione contro la sanzione del Csm: “A due anni dai fatti questa sospensione cautelare è sorprendente – afferma – mancano presupposti fondamentali come la concretezza e l’attualità del pericolo”.

A causa di questa sospensione il tribunale di Ivrea è in difficoltà. “Abbiamo un terzo degli utenti del tribunale di Torino, ma abbiamo un nono dei magistrati. Stiamo tenendo testa a una situazione sfavorevole grazie all’impegno di tutti”, spiega il presidente Garbellotto. Questa situazione è aggravata dalle regole organizzative: molti sono all’inizio della loro carriera e possono occuparsi di processi penali solo in un collegio con altri giudici e mai in “funzione monocratica”, come in questa fase del caso “Olivetti”. “Non vogliamo saltare l’udienza e quindi ho affidato il caso al giudice Cecilia Marino, distaccata dal tribunale di Torino, sperando che rimanga per il tempo necessario. Non si dovrà ricominciare da capo e forse non ci saranno problemi”, conclude.

Già nel 2013 la procura, diretta da Giuseppe Ferrando, ha dovuto chiedere alla Procura generale di Torino un aiuto per portare avanti la maxi-inchiesta ai vertici dell’Olivetti ritenuti responsabili delle morti e delle malattie provocate dall’amianto usato negli stabilimenti. L’inchiesta, d’altronde, era delicata perché copriva molti anni della storia della fabbrica e coinvolgeva nomi di spicco dell’imprenditoria tra cui Carlo De Benedetti, ex amministratore delegato dell’azienda di Ivrea che ha sempre respinto ogni accusa: “L’Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell’epoca”, aveva dichiarato nel settembre scorso.

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