Elton John D&G boycottNon pensavo fosse indispensabile parlarne, perché a me basta aver visto gli spot pubblicitari di Dolce & Gabbana per capire. L’immaginario che offrono è fatto di coppole, donne in abiti a lutto, cliché della Sicilia di decenni fa. Tradizionalisti o, forse, conservatori. Da qui in poi mi sembra facile capire il perché delle affermazioni a proposito delle unioni gay e dei figli “sintetici”. La reazione, a mio avviso sproporzionata – perché chissenefrega di quello che pensano ‘sti due – è stata comunque tutto meno che “sintetica”.

Elton John, genitore, assieme al compagno, di un figlio avuto da una madre surrogata, ha dato il via ad una azione di boicottaggio nei confronti del marchio di moda. A scomodarsi in difesa della “famiglia tradizionale” un sacco di altra gente che, come era prevedibile, in Italia non ha perso l’opportunità di rigirare la frittata per dare del fascista a chi esige il diritto, senza togliere nulla ad altri, di vivere come preferisce. Le vittime sarebbero Dolce & Gabbana. Credibilissimo, no?

Nel frattempo dà le dimissioni Giuliano Federico, direttore di Swide, giornale dei due stilisti, perché “le loro dichiarazioni sono incompatibili con la mia coscienza”. Giovanardi non ha mancato di definire i gay in modo simpatico (“talebani”). Altri politici si scagliano contro la possibilità di generare figli tramite utero in affitto. La Roccella, riferendosi alle dichiarazioni di Elton John parla di “comportamento fascista” e così altri esponenti di destra hanno continuato a dirsi rivoluzionari e tutori della libertà di parola e di opinione.

Libertà per tutti meno che per i gay.

All’azione di boicottaggio si sono uniti: Ricky Martin, Courtney Love e Martina Navratilova. Forza Nuova, con Roberto Fiore che cita come suo riferimento intellettuale l’illustre Povia, manda ai due stilisti una tessera onoraria. Aldo Busi, dalle pagine del Corriere, sembrerebbe aver preso ispirazione dal moderno pensatore Mario Adinolfi e così scrive: “se da solo non puoi figliare e ti serve un terzo incomodo per fare i comodi tuoi, è meglio tu non debba”. Amen.

Dall’altro lato troviamo Michela Murgia che riscontra, nella comunicazione di D&G, una certa coerenza in fatto di sessismo. Paola Concia, dalla sua bacheca Facebook, si rivolge agli amici gay e ricorda loro che parlare di diritti omosessuali incartandosi sulla faccenda della maternità surrogata, sulla quale si interrogano anche molti e molte etero, è “un vicolo cieco”.

Questa grande polemica si inserisce nel clima da guerra di religione che si respira in Italia. Da un lato le ‘Sentinelle in Piedi’ che “pacificamente” negano agli omosessuali il diritto di rivendicare matrimonio e genitorialità, dall’altro gli attivisti e le attiviste del movimento Lgbt che si organizzano per portare in piazza la propria festosa opinione, con striscioni, bandiere e vestiti colorati. Da un lato c’è la muraglia formata da quell* che parlano di “lobby gay”, “ideologia gender” e via di questo passo, e dall’altro una zona libertaria che vorrebbe insegnare a genitori, insegnanti e figli, qualcosa di più sul rispetto dei generi, a prevenzione dell’omofobia.

In tutto ciò regnano sovrani quelli che speculano sul timore delle persone distribuendo dosi di paura a chiunque. C’è chi mette in giro fantasiose interpretazioni della realtà a proposito di quel che avverrebbe nelle classi in cui si vorrebbe portare “Il gioco del Rispetto”, c’è chi parla di complotto per ‘frocizzare’ il mondo intero e di complottismo in complottismo ad alcun* sembra normale – e normale non è – dire a un gay che è malato, uno scherzo della natura, senza diritti, senza opportunità e senza futuro. C’è infine chi rivendica un non meglio precisato diritto di opinione per insultare i gay, per dare vita a fenomeni di vera e propria discriminazione, come se domani si esigesse il “diritto di opinione” per offrire al pubblico un po’ di stereotipi offensivi sui “neri”, gli “ebrei”, i “rom”.

In tutto ciò a nessuno viene in mente di chiedere alle donne quel che ne pensano a proposito della faccenda della maternità surrogata. Tutto quel che si legge è a proposito di sostenitori e sostenitrici di privatizzazioni e neoliberismo ergersi improvvisamente in lotta contro il capitalismo che obbligherebbe le donne a vendere la propria capacità riproduttiva ai ricchi come Elton John. Di tanto in tanto ci sono anche alcune femministe che portano in giro il proprio credo, come fosse un dogma, per imporre a tutte le donne la propria visione morale, sicché gli uteri sarebbero da un lato soggetti alle restrizioni e al controllo dei cattolici e dall’altro di alcune femministe che in fatto di uteri in affitto la pensano come la pensa Costanza Miriano.

A nessuno, dicevo, viene in mente di chiedere alle donne che affittano il proprio utero come la pensano. Perché, in tutto ciò, in tant* hanno dimenticato di parlare di diritti, di autodeterminazione, del fatto che nessuno può imporre all’altr@ il proprio modello di vita, e se io non impongo a te di affittare l’utero o di fare un matrimonio gay, perché tu non puoi accettare che io faccia della mia vita o del mio utero quello che mi pare? Lontana dalla mistica della maternità, dalla funzione di beddamatresantissima addolorata, se qualcuno mi avesse chiesto di affittare l’utero per dare un figlio ad una coppia di genitori gay io lo avrei fatto. E nessuno avrebbe potuto impormi il contrario. Nessuno.

Ps: e comunque voglio dire che io e tante altre persone precarie il boicottaggio nei confronti del marchio D&G lo abbiamo iniziato ancora prima di tutti gli altri. Lungimiranti, eh?

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