Massoneria, Vaticano e Cassazione. Il boss Nicolino Grande Aracri riusciva ad aprire porte che la ‘ndrangheta di Cutro, paese in provincia di Crotone, neanche immaginava. Quanto scritto nel decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale di Catanzaro lascia intendere che i 46 arresti di ieri, nell’ambito dell’inchiesta “Aemilia” che in Emilia Romagna ha portato in carcere altre 117 persone, sono solo l’inizio di un’indagine che rischia di svelare retroscena impensabili per chi crede che le cosche mafiose siano solo un’accozzaglia di uomini con la coppola e la lupara.

Non è un caso, infatti, che quando è stato arrestato Nicolino Grande Aracri, il cui clan è egemone anche in Emilia, i carabinieri hanno sequestrato anche una spada simbolo dei cavalieri di Malta. La Procura ha messo le manette ai polsi anche a un noto imprenditore di legnami, Salvatore Scarpino detto “Turuzzo”, affiliato alla ‘ndrangheta ma soprattuto, secondo i magistrati, si tratta di un uomo che “per conto della consorteria cutrese si impegna in operazioni finanziarie e bancarie, e mantiene contatti diretti e frequenti con il capo locale Grande Aracri Nicolino”, ponendosi “da intermediario tra questi e altri soggetti estranei all’associazione al fine di consentire l’avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati”.

È lo stesso Scaprino che, intercettato, spiega l’importanza del rapporto tra boss e massoni: “Ho un problema, per esempio, lo vedi per esempio ho un problema su Roma, qualsiasi tipo di problema… Gli dico io ho questo problema. Loro hanno il dovere … siccome è una massoneria, siamo. Cioè uno, quando uno di noi ha un problema, si devono mettere a disposizione… E devono risolverlo il problema”. Ecco perché – scrivono i magistrati – “le indagini hanno portato alla luce un allarmante aspetto relativo al livello di relazioni, sociali ed istituzionali, che l’organizzazione criminale è in grado di tessere per le necessità ed i fini della stessa”.

In sostanza, grazie alla massoneria, alcuni soggetti pur se non affiliati alla ‘ndrangheta sono in grado di assicurare al sodalizio entrature nelle sedi istituzionali più disparate come quelle della Chiesa e della magistratura, per garantire, – è scritto nel provvedimento di fermo – “’pressioni’ e capacità di intervento circa le vicende processuali degli affiliati”.

Il troncone calabrese dell’inchiesta “Aemilia”, infatti, ha svelato la capacità del boss Nicolino Grande Aracri di muoversi con facilità nei corridoi del Vaticano e, addirittura, di arrivare fin dentro le stanze della Suprema Corte di Cassazione.

Secondo la Procura, infatti, la cosca di Cutro ha cercato di aggiustare un processo a Roma per far annullare la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato l’arresto per Giovanni Abramo, cognato del boss Grande Aracri. Quella sentenza è stata annullata con rinvio dalla Cassazione ma la Dda non è riuscita ad accertare il coinvolgimento di un magistrato. È stato arrestato però, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Benedetto Stranieri, un ex maresciallo dei carabinieri diventato avvocato, il quale avrebbe avvicinato “soggetti – scrivono i pm – gravitanti in ambienti giudiziari della Corte di Cassazione, anche remunerandoli, al fine di ottenere decisioni giudiziarie favorevoli ad Abramo Giovanni”.

Qualcosa si inceppa e i telefoni iniziano a fornire elementi utili agli inquirenti che sospettano ci sia stato quantomeno un tentativo di corruzione. Dopo la sentenza favorevole, infatti, la cosca non avrebbe ricompensato gli avvocati Benedetto e Lucia Stranieri. Proprio quest’ultima, intercettata, si sfoga con il fratello: “Io ho fatto figure di merda con l’avvocato di là… figure di merda con questo qua… figure di merda con il giudice perché ho detto che è parente mio”.

Dai contatti di alcuni esponenti del sodalizio, inoltre, è emersa la figura di tale Grazia Veloce, una giornalista residente a Pomezia, “soggetto asseritamente molto vicino a personalità di rilievo del Vaticano e della politica italiana”. È lei che presenta l’avvocato Stranieri al boss Nicolino Grande Aracri il quale, nel corso di una conversazione, vantava i suoi buoni contatti nella capitale: “Noi a Roma abbiamo buone… buone amicizie… buone strade”.

Una di queste porta in Vaticano ed è stata intrapresa dalla cosca di Cutro per tentare di far trasferire sempre Giovanni Abramo (detenuto per associazione mafiosa e omicidio) dal carcere di Sulmona a quello di Siano, a Catanzaro, in modo da stare più vicino alla famiglia. Un tentativo che non riesce, ma che consente ai magistrati di verificare la capacità della consorteria di Cutro di infiltrarsi nel mondo ecclesiastico.

Nicolino Grande Aracri si era rivolto all’amica giornalista in stretto contatto con il monsignore Maurizio Costantini, nunzio apostolico e, nel 1995, “cappellano di sua Santità”. Un prelato, non indagato, che sarebbe capace di smuovere cardinali su richiesta di Grazia Veloce la quale avrebbe favorito il boss (come risulta da alcune conversazioni) anche per alcuni “investimenti ed affari in Montenegro”.

La giornalista e il monsignore si sentono e i carabinieri annotano le loro conversazioni, così come quelle intrattenute con la moglie dell’affiliato che doveva essere trasferito di carcere. L’incontro in Vaticano avviene e Grazia Veloce (intercettata dai carabinieri) lo comunica subito ai parenti del detenuto: “Il nostro piccolo Giovanni tra una settimana starà vicino casa sua”. Il monsignore manda i saluti alla moglie di Abramo: “Ha detto che è stata generosa e splendida. Gli ha lasciato 500 euro che lui ha preso volentieri per i suoi poveri”.

LA PRECISAZIONE DELL’ORDINE DI MALTA: “GRANDE ARACRI E GLI ALTRI NON SONO NOSTRI MEMBRI”

Innanzitutto, le persone cui si fa riferimento nel testo dell’articolo, Nicolino Grande Aracri, Salvatore Scarpino, Giovanni Abramo, Benedetto Stranieri, Grazia Veloce, non sono assolutamente membri né in alcun modo sono collegati con il Sovrano Ordine di Malta, ordine religioso laicale della Chiesa Cattolica e Ente di diritto internazionale, fondato quasi mille anni fa che non ha alcuna relazione con organizzazioni di stampo massonico.

Occorre peraltro sottolineare che i nostri membri vengono ammessi in base ad una precisa ed attenta selezione: è da escludere che un appartenente alla criminalità organizzata possa essere chiamato a far parte dell’Ordine di Malta.

Il ritrovamento di una spada, descritta nell’articolo come “simbolo dei cavalieri di Malta”, poi non può certo rappresentare una prova di appartenenza all’Ordine di Malta. Penso sarà d’accordo con me che reperire una spada che abbia come simbolo una croce che possa ricordare un ordine cavalleresco non sia un’impresa complessa. Basta recarsi in un qualunque negozio di anticaglie o souvenir.

Ci preme ribadire che ci sono persone ed organizzazioni in diverse parti del mondo che fanno uso del nostro nome o di nomi similari al nostro per perseguire soprattutto scopi di lucro. Questi organismi oltre a creare equivoci e confusione, danneggiano la buona fede di quanti vi finiscono coinvolti.

Il Sovrano Ordine di Malta ha una storia di quasi 1000 anni, dal 1834 ha la sua sede di governo a Roma. Ente primario di diritto internazionale, intrattiene rapporti diplomatici bilaterali con 105 Stati tra cui la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ed ha rappresentanze ufficiali presso le Nazioni Unite, l’Unione Europea e numerose Organizzazioni Internazionali. Le attività svolte in oltre 120 paesi del mondo si sviluppano nell’assistenza medico-sociale e nel soccorso prestato alle vittime di conflitti o di calamità naturali.

Eugenio Ajroldi di Robbiate, direttore ufficio comunicazioni dell’ordine di Malta

LA REPLICA DELL’AUTORE DELL’ARTICOLO

Prendiamo atto delle precisazioni, ma ribadiamo che il contenuto dell’articolo riporta fedelmente quanto è stato scritto dai pm nel provvedimento di fermo a carico del boss Nicolino Grande Aracri al quale è stata sequestrata una spada con il simbolo dell’ordine dei cavalieri di Malta. Questo è un elemento che la Procura di Catanzaro ritiene importante e lo ha ribadito anche durante la conferenza stampa organizzata in occasione degli arresti dell’operazione “Aemilia”. Inoltre, proprio i magistrati, nel capo di imputazione contestato all’indagato Salvatore Scarpino, lo definiscono come “intermediario tra questi (il boss Nicolino Grande Aracri, ndr) e altri soggetti estranei all’associazione al fine di consentire l’avvicinamento a settori istituzionali anche per il tramite di ordini massonici e cavalierati”. (lu.mu)

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