In Lombardia c’è la mafia da prima pagina e poi c’è la malavita da strada che con il crimine organizzato tiene rapporti e spesso intavola affari, seguendone logiche, progetti, appetiti. Storie di periferia raccontate dalle informative degli investigatori. Cocaina per cominciare. Politica e controllo del territorio per proseguire. Succede a nord di Milano, tra i comuni di Cesate e Senago “dove – scrivono i carabinieri del Nucleo investigativo nel 2011 – l’organizzazione criminale promossa dai fratelli Giovanni e Domenico Vottari, dedita all’importazione e spaccio di cocaina” ha “il controllo del territorio di Cesate con ramificazioni anche su parte di Garbagnate Milanese”, e mira “ad assumere il controllo del comune di Senago (…) acquisendo la gestione di attività economiche, procurando per sé e per altri voti in occasione delle consultazioni elettorali del 6 e 7 giugno 2009”. Un dato, l’accordo politico-malavitoso, fissato nelle intercettazioni. L’informativa datata maggio 2011 è stata messa agli atti dell’inchiesta Pavona 4 coordinata dal pm Marcello Musso che nel luglio 2014 ha chiuso il cerchio attorno a cinque gruppi di narcotrafficanti collegati a Cosa nostra e ‘ndrangheta.

Si diceva la strada. Iniziamo allora dal bar Bocachica di Cesate. E’ il 13 novembre 2009 quando i carabinieri di Garbagnate entrano nel locale. “Qui – si legge in una seconda nota del Nucleo investigativo di via Moscova – mentre erano seduti attorno a un tavolo venivano controllati Domenico Vottari, Giovanni Vottari, Salvatore Muscatello, Pasquale Macrì e Domenico Agresta”. Tanto per capire: Salvatore Muscatello è il nipote del figlio di Salvatore Muscatello boss della ‘ndrangheta recentemente arrestato dal Ros di Milano nell’operazione Quadrifoglio. E con il vecchio padrino è da sempre in rapporti lo stesso Macrì intercettato mentre va a trovarlo nella sua villa bunker di Mariano Comense. Di più: Macrì è stato condannato per mafia nella metà degli anni Novanta e definito capo società sempre della locale di Mariano. Annotano i carabinieri: “Domenico Agresta, della famiglia Agresta di Platì, è imparentato con Salvatore Romeo, indicato da diversi collaboratori di giustizia come l’attuale capo bastone della locale di Assago”. Muscatello, Macrì e Agresta pur ampiante citati nelle annotazioni dei carabinieri attualmente non risultano indagati.

Non meno “nobile” il curriculum criminale dei fratelli Vottari entrambi nati a Melito Porto Salvo. Nel 1993 entrambi vengono condannati per l’omicidio di Mauro Telò, imbianchino di Limbiate, ucciso nel settembre 1990 all’interno del parco delle Groane. L’esecuzione, ricostruirono i giudici, era legata al controllo dello spaccio tra Cesate e Garbagnate Milanese. Nel mirino dei Vottari c’era anche Gianluca Contardi il quale inizialmente si prese la colpa dell’omicidio, quindi, in aula, ritrattò sostenendo di aver avuto paura di ritorsioni. Nella vicenda entra anche il collaboratore di giustizia Antonino Maccarone, catanese già legato alla banda di Angelo Epaminonda, il quale dichiarò che “Giuseppe Vottari (padre dei fratelli, ndr) nel periodo precedente il processo, gli aveva fatto pressioni affinché convincesse i familiari della vittima a non testimoniare contro i figli. Il collaboratore di giustizia riferiva inoltre che, sempre a Senago, prima dell’eliminazione di Telò, Domenico e Giovanni Vottari avevano tentato di uccidere altre due persone”. Infine, Giuseppe Vottari, nato a San Luca, sul finire degli anni Ottanta viene coinvolto e processato nell’inchiesta Isola Felice 2. Si tratta di una delle prime indagini sulla ‘ndrangheta al nord scaturita dalle dichiarazioni del pentito Antonio Zagari. Vottari, che secondo i collaboratori è un affiliato con “carica di camorrista o santista”, viene prosciolto “perché il fatto non sussiste”.

Insomma, quello che va in scena il 13 novembre è un vero e proprio summit. Del controllo se ne parla il giorno dopo in auto. “Certo che poi beccano tutti così, a posto (…) . Tutta la tavolata hanno beccato, hanno fatto filotto figa”. Sempre le intercettazioni aiutano a fare luce sul quadro criminale a nord di Milano. Perché se da un lato le indagini, ultima quella del pm Musso, confermano (a livello d’indagini preliminari) il legame dei Vottari con il traffico di droga (a casa di del vecchio Giuseppe Vottari si reca il trafficante Vincenzo Micchia, mentre Domenico Vottari viene ocinvolto nell’inchiesta Marcos del 2012, ndr), dall’altro le telefonate illustrano la volontà del clan di conquistare anche la macchina amministrativa. A Cesate, infatti, nel 2009 viene candidato un cugino, mentre a Senago, i carabinieri segnalano “l’interesse di Domenico Vottari e del padre Giuseppe a procurare i voti a Franca Rossetti in occasione delle consultazioni elettorali del giugno 2009”. Consultazioni che promossero la stessa Rossetti (che non risulta minimamente coinvolta) a sindaco.

L’informativa del Nucleo mette insieme i pezzi. Il 6 maggio 2009, poche settimane prima del voto, Domenico Vottari chiama Enzo Varotto (suo coimputato nel processo per omicidio): “Vedi che adesso una sera di queste qua viene a trovarti un amico mio che si sta candidando con il Pdl a Senago….”. Risponde Varotto: “Io glielo do il voto, cazzo me ne frega a me, ma mi deve trovare il lavoro”. Ancora Vottari: “Devi convincerli devono votare basta non è che devono fare altro”. Sempre le intercettazioni mettono in evidenza i rapporti tra Giuseppe Vottari e Domenico Zappani nato a Joppolo (Vibo Valentia) che nella tornata elettorale del 2009 viene eletto capogruppo di maggioranza in consiglio comunale. Dice Vottari: “Mi sono rallegrato dico chiamo per fargli gli auguri”. Risponde Zappani: “Avete fatto bene grazie molto gentile”. Ennesima e ultima informativa dei militari: “Nella nota datata 5 agosto 2010 della Stazione Carabinieri di Joppolo, Domenico Zappani si legge che, pur non risultando appartenere ad alcuna cosca, nei periodi di permanenza in quel centro è solito associarsi ad affiliati al clan Mancuso di Limbadi”.

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