Niente secchiate gelate stavolta. Ma bizzarri esperimenti e “misteriose scomparse” in nome della salvaguardia della scienza. Dopo l’#IceBucketChallenge, che ha spinto mezzo mondo a gettarsi addosso litri di acqua e ghiaccio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla Sla e invitare a fare donazioni per la ricerca su questa malattia, ora è il momento dello #ScienceBulletChallenge. L’iniziativa è venuta in mente a tre ricercatori precari del dipartimento di Scienze biochimiche dell’Università Sapienza di Roma: Linda Montemiglio, Patrizio Di Micco e Annarita Fiorillo. Lo scopo è quello di denunciare lo stato della ricerca pubblica italiana e dei lavoratori di questo settore, già descritto nel report “Ricercarsi”. “Negli ultimi 10 anni”, spiegano i ricercatori al fattoquotidiano.it, “solo il 6,7% dei ricercatori precari è stato assunto. Tutti gli altri sopravvivono con contratti a tempo determinato e assegni di ricerca. E questi sono i più “fortunati”: esiste una grossa fetta che rimane fuori da queste statistiche e che continua a lavorare con le famigerate borse di studio. Abbiamo capito che, per smuoverla, l’opinione pubblica va sfidata. E così abbiamo lanciato questo “bullet” a tutti, perché vogliamo diffondere forte il messaggio che il futuro che è in gioco non è solo il nostro, ma la ricerca migliora e allunga le vite di tutti”.

E se il problema è serio e le cifre tristemente note, questo non vuole dire che per raggiungere lo scopo di mettere in luce la situazione non si possa anche ridere. L’arma utilizzata dai giovani ricercatori è infatti quella dell’ironia: ci si sfida a colpi di video diffusi in rete che presentano i lavoratori della scienza ognuno alle prese con un “bullet”, (un proiettile, ndr) che li fa scomparire, simbolo “della pioggia di colpi” (tagli, precarietà) che si è abbattuta negli anni sulla ricerca pubblica “riducendo in macerie un intero sistema”. Ecco così Linda, Patrizio, Giovanna, Gianni: corpi e cervelli che non vogliono arrendersi e fuggire dall’Italia e che con l’ausilio di mezzi più o meno scientifici (bolle di sapone, strumenti di laboratorio eccetera) spariscono metaforicamente per dar voce alla loro protesta e alla loro “data di scadenza”. Cercando l’hashtag #ScienceBulletChallenge sui principali social network già si possono trovare i filmati di chi ha deciso di partecipare al gioco virale.

L’obiettivo? “Noi non chiediamo donazioni ma ascolto, partecipazione, solidarietà. Chiediamo alle persone di far parte del nostro gioco per sostenerci moralmente e per far fronte comune davanti all’istituzione che governa le nostre vite e che ci sta tagliando fuori da questo Paese”. Se il sostegno ricercato è quello di tutti, infatti, l’appello si rivolge specialmente alle istituzioni: “Tutte le nuove riforme statali sono pensate in ottica di allontanamento dall’università. Lo Stato ha di fatto delegato in blocco la questione ricerca a Fondazioni e altri soggetti privati, che sono ormai gli unici sostenitori della ricerca pubblica. E se da un lato il loro sostegno si rivela quotidianamente fondamentale, dall’altro la trappola della deregolamentazione costringe i ricercatori a vivere senza diritti”, sostengono i tre ricercatori.

E l’augurio è che il messaggio si diffonda il più possibile. “Il primo passo per risolvere un problema è che questo venga riconosciuto come tale – spiegano -. I ricercatori precari sono una categoria debole anche perché non esiste una rete”. L’iniziativa è stata lanciata da pochi giorni, ma le adesioni sono già molte: “Ci sono già decine di video e anche se per ora il sito è solo in lingua italiana abbiamo avuto varie adesioni anche dall’estero. Sono tantissimi anche i ricercatori italiani espatriati che ci hanno manifestato la loro solidarietà”.

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